Articoli specialistici sul tema delle cefalee

Di seguito trovate un elenco di articoli scritti da specialisti.

 

Kopfschmerzen - wie weiter?

Kopfschmerzen - wie weiter?

(Testo in tedesco)

Mark J. Emmenegger, Peter S. Sandor, Mathias Sturzenegger, Andreas R. Gantenbein 
Mitglieder des Vorstandes und der Therapiekommission der Schweizerischen Kopfwehgesellschaft (SKG)

 

Artikel erschienen in der praxis arena, Ausgabe 07/2013

Den ganzen Bericht lesen Sie hier.

Cefalea "a grappolo"

Cefalea "a grappolo"

Kleinschmidt A / maggio 2020 (sulla base di versioni precedenti di M. Mumenthaler, C. Dozier, A. Gantenbein) 

La cefalea "a grappolo" è più rara di almeno un ordine di grandezza rispetto all'emicrania. Colpisce più spesso il sesso maschile e soprattutto i fumatori. La malattia si manifesta generalmente in età media o addirittura avanzata. Non di rado nell'anamnesi familiare si trovano altri pazienti affetti da cefalea, con cefalea a grappolo nel 7% dei casi. Si ritiene che la causa sia una disfunzione dell'ipotalamo e si presume una predisposizione genetica. 

Gli attacchi iniziano solitamente con dolore nella zona della tempia e dell'occhio, per poi colpire la regione del viso e del cranio. Si tratta senza eccezione, di un dolore rigorosamente unilaterale, che può tuttavia cambiare raramente lato nel corso della malattia. La durata degli episodi è compresa tra i 15 minuti e le 3 ore, come minimo con una cadenza a giorni alterni e una frequenza fino a 8 volte al giorno. Spesso gli attacchi si manifestano regolarmente in determinati momenti, soprattutto durante la notte. Durante gli attacchi, il paziente presenta un'agitazione e un'inquietudine motoria nel camminare o in altre attività. L'intensità del dolore cresce rapidamente e raggiunge il picco in 20 minuti. Il dolore viene descritto come insopportabile e molto più forte di qualsiasi altro dolore conosciuto; si tratta di un mal di testa "suicida". 

Nella forma episodica, da cui deriva il nome di cefalea a "grappolo” (inglese cluster), gli attacchi si manifestano per un minimo di una settimana e un massimo di un anno, fino al subentrare di una remissione con periodo asintomatico di almeno tre mesi. Non è raro il passaggio a una forma cronica, in cui non esiste più tale intervallo libero, ma la malattia può anche assumere un decorso cronico fin dall'inizio. Si descrivono associazioni ad es. con l'emicrania e anche forme di transizione tra le due patologie. 

L'aspetto del paziente durante un attacco è caratteristico: sul lato colpito, l'occhio è arrossato e lacrima, il naso è intasato o cola da una narice, la pupilla è ristretta e la fessura oculare è assottigliata a causa della ptosi e/o del gonfiore della palpebra. 

Il trattamento degli attacchi può prevedere la somministrazione di ossigeno al 100% (12-15 litri/minuto per 15-20 minuti tramite una maschera non-rebreather) o di triptani per iniezione sottocutanea (sumatriptan 6 mg) o, con minore efficacia, tramite spray nasale (sumatriptan 20 mg o zolmitriptan 5-10 mg). Recentemente è stata descritta come efficace solo per la forma episodica anche la stimolazione elettrica non invasiva del ramo cervicale ipsilaterale del nervo vago (Silberstein et al., 2016; Goadsby et al., 2018). 

Il trattamento di profilassi di prima scelta è il verapamil con una dose giornaliera da 240 a un massimo di 960 mg. Poiché la titolazione posologica deve essere graduale (240 mg/dì all'inizio con un aumento di 80 mg/dì ogni 2 settimane) e sono necessari frequenti controlli ECG (rallentamento della trasmissione atrioventricolare), all'inizio di un "cluster" può essere somministrato un trattamento temporaneo "off-label" con prednisone o un triptano a lunga efficacia. Un'altra alternativa è l'infiltrazione locale di una miscela di cortisone e anestetico locale nel nervo grande occipitale (ad es. Leroux et al., 2011). Opzioni alternative di seconda scelta nella profilassi farmacologica sono il litio, difficile da controllare a causa del ristretto range terapeutico, e gli anticonvulsivi come il topiramato (100-200 mg/dì) in particolare. Alcuni pazienti sembrano rispondere anche a dosi elevate di melatonina (10-25 mg/dì). Quanto alle procedure di neuromodulazione, è dimostrato un effetto di profilassi della stimolazione elettrica non invasiva del nervo vago. Un approccio molto efficace si basa sulla stimolazione mirata del ganglio sfenopalatino mediante un impianto permanente, ma purtroppo questa procedura non è più disponibile. Per alcuni pazienti refrattari ai farmaci, la stimolazione elettrica continua del nervo grande occipitale attraverso un impianto può costituire un'alternativa utile. In questi casi eccezionali di refrattarietà, si può anche contemplare la stimolazione cerebrale ipotalamica profonda. 

Non da ultimo vanno menzionati gli approcci biologici attualmente in corso, con l'iniezione sottocutanea, di solito a scadenza mensile, di anticorpi monoclonali miranti ad antagonizzare il sistema CGRP, i quali hanno già dimostrato una chiara efficacia nel trattamento dell'emicrania. Un primo studio ha dimostrato la validità di tale anticorpo (galcanezumab) per la variante episodica con cefalea "a grappolo". Tuttavia, in questo studio il dosaggio era superiore a quello attualmente approvato per questo farmaco in Svizzera per il trattamento dell'emicrania.

Nuove sostanze per la terapia acuta e la profilassi dell'emicrania

Nuove sostanze per la terapia acuta e la profilassi dell'emicrania

Ch. Schankin / maggio 2020 

Dal 2018, in Svizzera sono stati autorizzati tre anticorpi monoclonali contro il sistema peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) per la profilassi dell'emicrania. Il CGRP è un peptide vasodilatatore (1) il cui tasso ematico è elevato negli attacchi di emicrania (2) e si normalizza se trattato efficacemente con sumatriptan (3) e che può a sua volta scatenare attacchi di emicrania nei pazienti affetti da questa patologia (4). L'anticorpo Erenumab (Aimovig ®) si lega al recettore CGRP e gli anticorpi Galcanezumab (Emgality ®) e Fremanezumab (Ajovy ®) ai leganti. In programmi di studio approfonditi, è stato possibile dimostrare l'efficacia per la profilassi dell'emicrania per tutti e tre gli anticorpi (5-7). Gli anticorpi vengono iniettati per via sottocutanea, indicativamente con cadenza mensile. Gli effetti collaterali sono bassi e pertanto l'accettazione dei pazienti è elevata. Considerati i costi ingenti, occorre rispettare le condizioni restrittive: i pazienti devono soffrire di almeno 8 giorni/mese di emicrania e aver già provato diversi trattamenti di profilassi orale (ad esempio betabloccanti, farmaci antiepilettici, calcio-antagonisti). Gli anticorpi possono essere prescritti esclusivamente da neurologi. 

Oltre agli anticorpi, ci sono anche i bloccanti del recettore CGRP, i cosiddetti gepanti, destinati alla terapia acuta degli attacchi di emicrania. I bloccanti del recettore CGRP non sono propriamente vasocostrittori e sono quindi indicati come alternativa ai triptani nei pazienti a rischio vascolare. Urbogepant è efficace (assenza di dolore dopo 2 ore: nella dose da 100 mg: 21,2% rispetto all'11,8% del placebo, (8)) ed è stato autorizzato negli USA nel 2019. Attualmente non è chiaro se verrà concessa l’autorizzazione in Svizzera. Altrettanto efficace e alla fase 3 di sperimentazione è il Rimegepant (9). Si sta anche studiando se i gepanti possono essere utilizzati per la prevenzione dell'emicrania con somministrazione quotidiana (Atogepant, studio di fase 2, NCT02848326). 

Anche gli agonisti 5-HT1F, i cosiddetti ditani, non sono vasocostrittori. Contrariamente ai triptani, nei ditani manca l'agonismo del recettore 5-HT1B, responsabile della vasocostrizione. Il lasmiditan è efficace nel trattamento acuto dell'emicrania (10), è stato già autorizzato negli Stati Uniti per il trattamento acuto di questa patologia e si trova alla fase 3 di sperimentazione su scala mondiale (tra cui NCT03670810). 

Bibliografia 

  1. McCulloch J, Uddman R, Kingman TA, Edvinsson L. Calcitonin gene-related peptide: functional role in cerebrovascular regulation. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America 1986;83:5731-5735. 
  2. Goadsby PJ, Edvinsson L, Ekman R. Vasoactive peptide release in the extracerebral circulation of humans during migraine headache. Annals of neurology 1990;28:183-187. 
  3. Goadsby PJ, Edvinsson L. The trigeminovascular system and migraine: studies characterizing cerebrovascular and neuropeptide changes seen in humans and cats. Annals of neurology 1993;33:48-56.
  4. Lassen LH, Haderslev PA, Jacobsen VB, Iversen HK, Sperling B, Olesen J. CGRP may play a causative role in migraine. Cephalalgia: an international journal of headache 2002;22:54-61. 
  5. Dodick DW, Silberstein SD, Bigal ME, et al. Effect of Fremanezumab Compared With Placebo for Prevention of Episodic Migraine: A Randomized Clinical Trial. Jama 2018;319:1999-2008. 
  6. Goadsby PJ, Reuter U, Hallstrom Y, et al. A Controlled Trial of Erenumab for Episodic Migraine. The New England journal of medicine 2017;377:2123-2132. 
  7. Stauffer VL, Dodick DW, Zhang Q, Carter JN, Ailani J, Conley RR. Evaluation of Galcanezumab for the Prevention of Episodic Migraine: The EVOLVE-1 Randomized Clinical Trial. JAMA neurology 2018;75:1080-1088. 
  8. Dodick DW, Lipton RB, Ailani J, et al. Ubrogepant for the Treatment of Migraine. The New England journal of medicine 2019;381:2230-2241. 
  9. Croop R, Goadsby PJ, Stock DA, et al. Efficacy, safety, and tolerability of rimegepant orally disintegrating tablet for the acute treatment of migraine: a randomised, phase 3, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2019;394:737-745. 
  10. Kuca B, Silberstein SD, Wietecha L, et al. Lasmiditan is an effective acute treatment for migraine: A phase 3 randomized study. Neurology 2018;91:e2222-e2232.
Cefalee pericolose

Cefalee pericolose

Sturzenegger M / maggio 2020 

Il primo approccio per una diagnosi corretta in un paziente affetto da cefalea è distinguere tra le due principali categorie di cefalea idiopatica / primaria (circa l'80% di tutte le cefalee; forme principali: emicrania, cefalea tensiva, cefalea a grappolo) e sintomatica / secondaria (massimo 20% di tutte le cefalee). Il primo gruppo è classificato secondo i sintomi clinici, il secondo in base alle cause. Le cefalee pericolose rientrano nel gruppo sintomatico. 

Importante per individuare (in modo tempestivo) le cefalee pericolose è che si riconoscono non tanto per l'intensità o la comparsa di sintomi concomitanti (ad es. vomito), quanto piuttosto dall'anamnesi del paziente (ad es. quadro clinico tumorale, anticoagulazione orale in caso di trauma, febbre, ecc.), dal contesto temporale (cefalea peracuta o continua) e dalla natura dei sintomi concomitanti (deficit neurologici focali; da chiedere specificamente!). Tutto questo va considerato, chiesto e ricercato in modo specifico (esame clinico). La diagnostica strumentale (ad es. imaging o analisi del liquor) deve essere utilizzata in modo mirato in base all'esame clinico: la presenza di patologie quali la meningite o l’arterite a cellule giganti non è visibile neppure sull'immagine standard della risonanza magnetica; d'altra parte, se lo stato di coscienza è fluttuante e si sospetta la presenza di meningite, è obbligatorio l'imaging prima di effettuare una puntura lombare. 

Esempi di cefalee sintomatiche  

1. Disturbi circolatori 

arteriosi: 

  • emorragie cerebrali (emorragie subaracnoidee, ematoma subdurale) 
  • infiammazioni vascolari (arterite temporale) 
  • dissezioni vascolari • emergenza ipertensiva (crisi; pre / eclampsia) 

venosi: 

  • Trombosi del seno venoso cerebrale 

2. Disturbi della circolazione del liquor 

  • ipotensione liquorale (sindrome da ipoliquorrea) 
  • ipertensione liquorale (idrocefalo) 

3. Infiammazioni 

  • nel cranio: meningite, ascesso cerebrale 
  • sul cranio: sinusite, otite, pulpite 
  • sistemiche: endocardite, polmonite 

4. Trauma cranico 

5. Lesioni invasive 

  • Tumori cerebrali (primari, metastasi) 
  • Ematomi epidurali / subdurali 

6. Disturbi tossici 

  • Medicinali 
  • Farmaci (tra cui cocaina, spray nasali decongestionanti) 

7. Disturbi metabolici 

  • Ipossia, ipertiroidismo, ipoglicemia, dialisi
Dolore facciale

Dolore facciale

Stallmach M / maggio 2020 

Il dolore percepito al viso può essere di varia natura: può trattarsi di una cefalea focalizzata sul viso, come la cefalea a grappolo, di un'emicrania che si irradia principalmente al viso, di una nevralgia del trigemino o, più raramente, di un dolore facciale. Il dolore può inoltre provenire da strutture adiacenti, come i seni paranasali, i denti, l'occhio, l'articolazione temporomandibolare o perfino la colonna vertebrale cervicale. 

Se nel Suo caso il dolore si manifesta per la prima volta ed è accompagnato da gonfiore e arrossamento nella regione degli occhi e/o disturbi della vista, deve consultare immediatamente un medico, poiché si tratta di una malattia infiammatoria, potenzialmente pericolosa, che deve essere trattata al più presto. 

Se avverte di dolori al viso di breve durata e lancinanti, che si manifestano ripetutamente nello stesso punto e possono essere indotti dal tatto o dalla masticazione, probabilmente soffre di nevralgia del trigemino. Essa richiede un trattamento speciale, in quanto non risponde ai classici antidolorifici. Lo stesso vale per la cefalea a grappolo, caratterizzata da episodi dolorosi ricorrenti quotidianamente, intensi, esclusivamente unilaterali, localizzati intorno all'occhio, con sintomi concomitanti sul lato dolorante come lacrime, naso ostruito o gocciolante, arrossamento degli occhi, abbassamento della palpebra o senso di irrequietezza. In entrambi i casi si consiglia di sottoporsi ad un esame neurologico di controllo. 

Se avverte dolore nella zona della mandibola o dei denti, la prima cosa da fare è rivolgersi al proprio dentista. Se, dopo la visita e l’esame radiografico il dentista non trova una causa del dolore, non insista nel richiedere l'estrazione dei denti. Soprattutto il persistente dolore idiopatico del viso e la nevralgia del trigemino possono essere perfettamente simili al mal di denti e spesso portano all'estrazione di diversi denti, anche sani, senza ottenere alcun risultato.

Cefalea? Quando consultare un medico

Cefalea? Quando consultare un medico

Andrée C / maggio 2020 

Le cefalee sono un fenomeno molto diffuso, che colpisce circa il 60 per cento di tutta la popolazione svizzera. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la cefalea è innocua, tende a scomparire da solo e/o si può trattare bene con antidolorifici da banco. Pertanto, di solito non è necessario consultare un medico. Tuttavia, il mal di testa può essere così grave da far temere che alla base ci sia una malattia pericolosa. 

Segnali di avvertimento…. 

... in cui si consiglia di consultare un medico in caso di mal di testa. 

In circa il cinque per cento dei casi, la cefalea è sintomo di un'altra malattia potenzialmente pericolosa. La Società americana delle cefalee ha classificato i cinque segnali di avvertimento per i quali è necessario consultare un medico nell'acronimo SNOOP. 

Si consiglia di rivolgersi ad un medico in presenza dei seguenti segnali di avvertimento. 

  • S per i sintomi 'sistemici': il mal di testa si manifesta insieme a sintomi che colpiscono tutto l'organismo, come la febbre alta. 
  • N per i sintomi 'neurologici': insieme al dolore compaiono disturbi come vertigini, confusione, disorientamento, disturbi della vista, debolezza o intorpidimento delle estremità o incapacità di parlare. Non è invece un segnale d'allarme l'aura che precede alcuni attacchi di emicrania. Anch’essa è associata a fenomeni neurologici, come i disturbi della vista. Solitamente, però, l'aura è di breve durata ed è già scomparsa quando insorge il mal di testa. 
  • O per 'onset' (insorgenza): il mal di testa si manifesta in modo esplosivo, come se il soggetto interessato avesse ricevuto un colpo alla testa. Questa forma è anche denominata "cefalea a rombo di tuono". In un minuto il dolore arriva al massimo e può essere così forte da essere definito dai medici "mal di testa distruttivo". Può essere sintomo di un'emorragia cerebrale potenzialmente letale; le persone colpite devono giungere in ospedale il più presto possibile. 
  • O per 'older age of onset' (età più anziana all'inizio): se soggetti oltre i 50 anni sviluppano per la prima volta mal di testa molto forti, occorre che un medico ne chiarisca i sintomi. Le persone anziane sono maggiormente esposte al rischio di malattie di fondo preannunciate da cefalea, come l'ictus. 
  • P per 'pattern change' (cambiamento del modello di mal di testa): anche chi è affetto da emicrania o da frequenti cefalee tensive può soffrire di una cefalea secondaria dovuta a una grave patologia. Occorre quindi prendere sul serio e chiarire le variazioni rispetto al tipico schema del dolore.

Quando recarsi da un medico di pronto soccorso in caso di mal di testa? 
Si consiglia cautela in caso di cefalea estremamente grave con aumento drastico in pochi secondi, con disturbi concomitanti quali torcicollo, febbre alta (in caso di meningite), crisi epilettiche o sintomi di insufficienza neurologica acuta (ad es. paralisi). Non deve trattarsi necessariamente di una patologia pericolosa, ma può essere necessario controllare rapidamente le cause di questi sintomi, recandosi il più presto possibile al pronto soccorso. Nella grande maggioranza dei casi risulta infondato il timore di molti pazienti affetti da cefalea che la causa scatenante sia un tumore al cervello. Il mal di testa imputabile a tumori cerebrali è l'unico o il primo sintomo in meno dello 0,1% di tutti i pazienti affetti da cefalea. 

Quando recarsi dal medico di famiglia? 
Solitamente è la prima persona da contattare. Sebbene la maggior parte dei mal di testa non rappresenti un'emergenza, in caso di cefalea ricorrente e opprimente è necessario consultare un medico. Se usati continuamente, i farmaci stessi possono causare mal di testa. Tuttavia, l'assistenza medica comporta alcuni problemi. Non esiste un test di laboratorio per i tipi più comuni di cefalea e spesso non si dispone di tempo sufficiente. A complicare la situazione va aggiunto il fatto che l'esame del sistema nervoso (stato neurologico) può solo escludere altre malattie. La storia clinica del paziente (anamnesi) e la conoscenza della sintomatologia e del decorso del mal di testa non sono sufficienti per una corretta classificazione e indicazione del trattamento. Una terapia adeguata si basa necessariamente sulla descrizione accurata da parte del paziente, tramite appunti o un diario dettagliato della cefalea. 

Quando consultare il neurologo? 
Non sempre i pazienti ritengono di ricevere una buona consulenza dal proprio medico di famiglia. Dopo aver consultato il medico di famiglia, è quindi possibile consultare uno specialista se si desidera un ulteriore chiarimento dei propri sintomi. Inoltre, per alcuni medicinali (ad es. per la profilassi) il rimborso da parte della cassa malattia avviene solo dopo aver consultato un neurologo. In caso di dubbi sullo specialista a cui rivolgersi, è utile consultare il servizio telefonico di Migraine Action, centro di assistenza per l'emicrania, al numero 061 423 10 80 (martedì 9- 12).

Classificazione delle cefalee ICHD-3 della Società internazionale delle cefalee (IHS)

Classificazione delle cefalee ICHD-3 della Società internazionale delle cefalee (IHS)

Flügel D / maggio 2020 

I: Cefalee primarie 

1. Emicrania 

2. Cefalea di tipo tensivo 

3. Cefalee trigemino-autonomiche 

4. Altre cefalee primarie 

II. Cefalee secondarie 

5. Cefalea dovuta a lesione o trauma cranico-cerebrale e/o cervicale 

6. Cefalea dovuta a disturbi vascolari nella regione cranico-cerebrale o cervicale 

7. Cefalea dovuta a disturbi intracranici non-vascolari 

8. Cefalea dovuta a sostanze tossiche o disintossicazione dalle stesse 

9. Cefalea dovuta a infezioni 

10. Cefalea dovuta a disturbi metabolici 

11. Cefalea o dolori facciali dovuti a malattie del cranio, della nuca, degli occhi, delle orecchie, del naso, dei seni paranasali, dei denti, della bocca o di altre strutture craniali e del viso 

12. Cefalea dovuta a disturbi psichiatrici 

III. Neuropatie e dolori facciali 

13. Lesioni dolorose dei nervi cranici e altri dolori facciali 

14. Altre cefalee 

Vedere anche: 

  • The International Classification of Headache Disorders. Cephalalgia. 2018; 38 (3rd edition):
    Link
  • IHS Klassifikation ICHD-3
    IHS Klassifikation ICHD-3
Comorbilità nell'emicrania

Comorbilità nell'emicrania

Koch J W / maggio 2020 

L’emicrania è più di un semplice mal di testa. Si tratta di una patologia neurologica complessa di cui sappiamo ancora troppo poco. Nei casi di frequenti attacchi di emicrania o di emicrania cronica, si osserva un aumento della comorbilità. Per comorbilità intendiamo malattie concomitanti, presenti oltre a una patologia di base. 

Alcune malattie concomitanti si riscontrano con maggiore frequenza nel caso dell’emicrania. Ciò riguarda in particolare malattie psichiatriche come la depressione, i disturbi d'ansia o i disturbi del sonno. I sintomi psichici sono invece tipici degli attacchi di emicrania e si manifestano prima dell’insorgere del mal di testa. Ulteriori patologie dolorose, come la fibromialgia, peggiorano il decorso dell'emicrania. 

Il tratto gastrointestinale e l'emicrania esercitano un’influenza reciproca attraverso il sangue e il sistema nervoso autonomo. Le malattie infiammatorie intestinali come il morbo di Crohn sono più frequenti in presenza di emicrania. Questo riguarda anche le malattie cardiovascolari e respiratorie, come l'asma, in caso di emicrania cronica. Le vertigini possono essere una manifestazione di emicrania o anche una malattia concomitante a sé stante. 

La sindrome della neve visiva (visual snow) è un fenomeno scoperto relativamente di recente e associato all'emicrania, da non confondere con l'aura. Questo disturbo della vista, spesso paragonato al fruscio dell'immagine di un televisore analogico, è presente in modo permanente e attualmente non reagisce praticamente a nessun farmaco. In questa condizione è disturbata l'elaborazione degli stimoli visivi da parte del cervello. 

Nel caso della sindrome della neve visiva, dell'emicrania e di altre malattie concomitanti come l'acufene o i disturbi d'ansia, esiste la prova della sovraeccitabilità del cervello, oberato dall'elaborazione dei normali stimoli sensoriali (ipereccitabilità corticale). Nell'attacco di emicrania non sono più tollerati stimoli altrimenti indolore come la luce, i suoni o gli odori. L'emicrania e le malattie concomitanti summenzionate potrebbero consolidarsi reciprocamente in un circolo vizioso e determinare una cronicità dei sintomi complessivi. 

Le interconnessioni tra emicrania e patologie concomitanti non sono state ancora sufficientemente approfondite, ma le conseguenze per la terapia dell'emicrania sono evidenti. Le malattie associate devono essere riconosciute come tali e considerate nella decisione terapeutica. Una terapia ottimale punta a tutti i meccanismi che possono contribuire al protrarsi dell'emicrania. Nei casi complicati, il successo della terapia non dovrebbe essere misurato unicamente in base al numero di giorni di dolore. 

L’emicrania è infatti molto più di un semplice mal di testa. 

Qualità di vita elevata nonostante l'emicrania?

Qualità di vita elevata nonostante l'emicrania?

Bärlocher D / maggio 2020 

La maggior parte delle persone diventa consapevole del valore della qualità della vita solo quando si verifica un cambiamento in peggio. 

L'emicrania, che si manifesta sempre più spesso e con maggiore frequenza, ne è un esempio: ci si rende conto che la qualità della vita è diminuita. Che cosa può significare? L'emicrania ci affligge in modo diretto: la testa e il corpo ne risentono. Il dolore distrugge la qualità della vita fino a quando si riesce a trovare un rimedio. Per esempio, un farmaco efficace in tempi rapidi e duraturi e ben tollerato comporta già un'alta qualità di vita. Si riconquista la propria dimensione umana e ci si sente in grado di affrontare le diverse situazioni. 

L'emicrania danneggia la nostra reputazione, perché i pazienti affetti sono particolarmente efficienti, ma con interruzioni. Gli attacchi frequenti e imprevedibili impediscono una presenza costante e affidabile, sia a livello professionale che privato. Il ritiro sociale contribuisce a ridurre ulteriormente la qualità della vita. 

L'emicrania costituisce una minaccia per ambiti importanti della vita: il luogo di lavoro e quindi il reddito, la carriera, le relazioni interpersonali (intime, strette e collegiali), l’immagine di sé, i progetti per il futuro, i sogni e le speranze. Il mal di testa cronico e opprimente rischia di oscurare tutto. 

Per alcuni, la sofferenza è già realtà con un forte attacco di emicrania ogni poche settimane. Se si è costretti ad assumere qualcosa per il dolore da 8 a 10 giorni al mese, la qualità della vita è decisamente ridotta. Al più tardi a questo punto è arrivato il momento di consultare il neurologo per un trattamento farmacologico di base. 

Che cos'altro può fare? 
Allarghi il Suo orizzonte di informazioni sulle cefalee grazie ai contributi di questo sito web. Può inoltre aver bisogno di un coaching: una psicoterapia del dolore può offrire prospettive utili al riguardo!

Molte patologie causano cefalea

Molte patologie causano cefalea

Meienberg O / maggio 2020 

Le cefalee, diffuse o limitate ad alcune aree della testa, possono avere numerose cause. La tipologia varia da un banale mal di testa da sbornia dopo una notte brava a un mal di testa causato da un'emorragia cerebrale. 

Nel primo caso la causa è conosciuta e il mal di testa può essere eventualmente curato con un semplice rimedio. Non vi è motivo di preoccuparsi. 

Se invece il mal di testa si manifesta per la prima volta o in forma diversa, se è intenso e accompagnato da altri disturbi come febbre, vomito, paresi, ecc., è consigliabile una visita medica per chiarire la causa. In caso di cefalea insolita, con un rapido aumento dei sintomi o un aggravamento delle condizioni generali, può anche essere necessario un ricovero d'urgenza in ospedale, ad esempio per intervenire in caso di meningite o emorragia dovuta a una malformazione cerebrovascolare. 

La classificazione internazionale delle cefalee si è rivelata uno strumento diagnostico molto utile per il medico: https://ichd-3.org/de/ 

Qui vengono definite con precisione tutte le forme e le cause importanti delle cefalee. 

Si distinguono 3 gruppi principali: 

  • Cefalee primarie (= nessuna altra causa), forme più importanti: emicrania, cefalea di tipo tensivo, cefalea a grappolo 
  • Cefalee secondarie (= causate da qualsiasi altro disturbo) 
  • Neuropatie e dolori facciali 

A seconda del tipo o della causa ipotizzata dal medico sulla base di un attento colloquio con il paziente, egli provvederà ad effettuare ulteriori esami di chiarimento. Essi comprendono, ad esempio, le reazioni di sedimentazione del sangue e l’imaging a risonanza magnetica (MRI). Una volta formulata la diagnosi, vengono avviati trattamenti mirati.

Cefalea in età pediatrica

Cefalea in età pediatrica

Iff T. / maggio 2020 

Misure generali
 
Anche nel caso del bambino, gli elementi più importanti di diagnosi sono un'anamnesi dettagliata e un esame generale e neurologico. I criteri diagnostici per la cefalea sono stati adattati anche all’età pediatrica nella 3a classificazione internazionale delle cefalee. La maggior parte dei bambini soffre di emicrania, di cefalea di tipo tensivo o di forme miste tra le due patologie. L'emicrania con aura è rara in età scolare e si manifesta solitamente solo nel corso dell'adolescenza, ma in questo caso una forte predisposizione familiare svolge un ruolo ancora più determinante rispetto alla semplice emicrania. La diagnostica per immagini è indicata solo se l'anamnesi della cefalea primaria è atipica e presenta indizi di cefalea "pericolosa" sotto forma di cosiddetti sintomi di allarme e/o se l'esame neurologico è anomalo. Nelle cefalee primarie, il timore dei genitori di un tumore al cervello può essere ridotto attraverso una buona informazione. Per motivi diagnostici e per il monitoraggio della terapia, nei soggetti adolescenti è importante redigere un diario del mal di testa, con un calendario dei cicli. 

Nella vita quotidiana e particolarmente nell'infanzia sono importanti le misure "preventive del mal di testa": pasti regolari (in particolare prima delle attività sportive), bere in quantità sufficiente, evitare di consumare regolarmente bevande a base di caffeina (coca cola, red bull, tè freddo) e una quantità sufficiente di sonno. È opportuno verificare le situazioni di forte stress dovute a un sovraccarico o carico insufficiente a scuola o a eccessivo tempo libero. L'esperienza dimostra che fin dall'adolescenza un'attività sportiva di resistenza svolta settimanalmente ha un importante ruolo salutare nel trattamento della cefalea. 

Consigli di trattamento 
Anche nei bambini e negli adolescenti, il trattamento deve tenere conto dei diversi tipi di mal di testa e del conseguente effetto disabilitante sulla qualità di vita a scuola e nel tempo libero.  

1. Trattamento dell'emicrania acuta
 
Nei bambini in età prescolare o scolare, è spesso efficace "fare una bella dormita" per smaltire senza farmaci un breve attacco di emicrania. Nei ragazzi e negli adolescenti, in caso di attacchi più duraturi (>1/2-1h) e/o più gravi, spesso non è possibile fare a meno di medicinali d’emergenza oltre ad un assumere la posizione antalgica e a proteggersi dagli stimoli, da utilizzare tempestivamente nel corso di un attacco. 

Analgesici/farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS): 

1. Paracetamolo (compressa, supposta, linguale) 15 mg/kg p.c./dose max. ogni 5-6 ore
2. Ibuprofene (sciroppo, compresse, linguale)5-10 mg/kg p.c./dosemax. ogni 6 ore
3. Acido mefenamico 5-(10) mg/kg p.c./dosemax. ogni 8 ore
4. Acido acetilsalicilico (preferibilmente dai 12 anni)10 mg/kg p.c./dosemax. ogni 6-8 ore

 

Triptani: 
Negli adolescenti di età superiore ai 12 anni con risposta insufficiente a questi analgesici nonostante una terapia d'attacco precoce e opportunamente dosata, sumatriptan= imigran® 10 o 20 mg spray nasale è l'unico preparato a base di triptano autorizzato in Svizzera:    

Sumatriptan o Imigran® (a partire dai 12 anni)spray nasale (SN) 10 mg < 40 kg p.c. 
 spray nasale 20 mg > 40 kg p.c. (= peso corporeo)(max. 40 mg/24 ore)   

Alcuni studi internazionali, tuttavia, hanno dimostrato che anche altri triptani (almotriptan, zolmitriptan nasale e rizatriptan) risultano particolarmente efficaci a partire dall'età di 12 anni.  

Antiemetici: (somministrati con i farmaci acuti in caso di nausea)                

Domperidone sospensione 0,25 mg/kg p.c./dosemax. ogni 6 ore  
linguale10 mg/kg p.c./dose > 35 kg p.c.max. ogni 12 ore

 

2. Profilassi a lungo termine dell'emicrania
Raramente indicato: in caso di terapia d'attacco inefficace e/o di frequenti effetti disabilitanti (3-4 attacchi da medi a gravi con assenze scolastiche/nel tempo libero/mese), soprattutto in età adolescenziale.

Spesso efficace e ben tollerato, pertanto spesso utilizzato come farmaco di prima scelta nonostante la scarsa evidenza:

Magnesio9 mg/kg p.c./dì = 0,37 mmol/kg p.c./dì in 2-3 dosi singoleAvvertenza: Effetti collaterali: dolori addominali, diarrea  
Riboflavina 200-300 mg e da 60 kg p.c. max. 400 mg/dì in 2 dosi singole    

   

Secondo le prove di efficacia, nei bambini e negli adolescenti sono consigliabili le seguenti dosi:  

1. Flunarizina1-2 compresse di 5 mg/dì (2 compresse > 40 kg p.c.)Avvertenza: Effetti collaterali: possibile umore depressivo, aumento di peso e sonnolenza frequente (somministrare la sera!)
2. Propranololo0,5-3mg/kg p.c./dìAvvertenza: Effetti collaterali: sintomi ortostatici, umore depressivo, limitazione delle prestazioni Controindicazioni: asma, aritmia
I seguenti 2 medicamenti dovrebbero essere utilizzati in seguito a valutazione individuale (evidenza in studi precedenti rispetto al placebo, mancante negli studi più recenti):
3. Topiramato50-max. 100 mg/dìAvvertenza: a dosaggio più elevato effetti collaterali neurocognitivi!
4. Amitriptilina0,2-1 mg/kg p.c./dì max. 100 mg/dì Avvertenza: Controindicazioni: tempo QT esteso

La profilassi a lungo termine deve essere valutata per almeno (1-)2 mesi in merito alla sua efficacia (come la terapia d'attacco deve portare ad un miglioramento di oltre il 50% per l’effetto placebo elevato in età infantile!) In caso di assunzione troppo frequente di farmaci acuti (>10 giorni di trattamento/mese per >3 mesi), nei bambini e sporadicamente negli adolescenti si può osservare in casi rari l’insorgere di cefalea da abuso farmacologico. Negli adolescenti in età post-puberale soggetti ad una frequenza elevata di emicrania ( ≥ 8 giorni di emicrania/mese) con effetto disabilitante significativo e mancato miglioramento con ≥ 2 dei farmaci profilattici summenzionati, secondo le ultime raccomandazioni della Società americana delle cefalee si può considerare una terapia profilattica con anticorpi monoclonali CGRP, indirizzando il/la paziente ad un centro/uno studio medico esperto in cefalea infantile e adolescenziale.    

3. Emicrania nell'adolescenza 
Dovrebbe inoltre essere contemplata la possibilità di un'emicrania associata al ciclo mestruale. Il trattamento ormonale va poi affidato allo specialista in cefalea e ai ginecologi endocrinologi specializzati.

4. Cefalea di tipo tensivo 
Per molti bambini, è necessario in prima linea intervenire in modo possibilmente "causale" sulle cause scatenanti della "tensione" (il più delle volte situazioni scolastiche o familiari stressanti) per alleviare il mal di testa, ma può essere difficile. Per tale ragione, è importante adottare misure per ridurre la tensione: spesso un ritmo di vita regolare con sonno sufficiente e un'attività fisica regolare all'aperto può essere d'aiuto già in età scolare. Gli antidolorifici usati per combattere gli attacchi di emicrania devono essere assunti con moderazione e solo in caso di intensità medio-alta del dolore, con un effetto disabilitante. I metodi di rilassamento come il training autogeno, la terapia di rilassamento muscolare progressivo secondo Jacobson, i metodi di biofeedback, le terapie comportamentali e le misure mediche complementari come l'agopuntura possono avere effetti positivi sul mal di testa, anche se per la maggior parte di questi metodi non esiste una prova basata sull'evidenza in soggetti di età infantile. Anche il magnesio può essere utilizzato con lo stesso dosaggio previsto per l'emicrania, anche se non esistono studi rilevanti al riguardo.

5. Cefalea cronica e cefalea giornaliera cronica 
Questo tipo di cefalea, spesso definita in modo impreciso e che si manifesta soprattutto negli adolescenti, è difficile da trattare terapeuticamente e richiede l'intervento di uno specialista del mal di testa. Molte volte, dietro un mal di testa cronico nell'adolescenza può celarsi una condizione di depressione, spesso associata ad una notevole assenza dalla scuola.

L'emicrania nelle donne

L'emicrania nelle donne

Merki G S / maggio 2020 

La prevalenza di soggetti di sesso femminile nell'emicrania (3:1) e nella cefalea di tipo tensivo (5:4) è un fenomeno ben noto. Nel caso della cefalea da tensione, la prevalenza delle donne è dovuta probabilmente a vari fattori psicologici e psicosociali connessi al genere, oltre che a differenze comportamentali. Per quanto riguarda l'emicrania, tuttavia, sono molte le osservazioni a sostegno dell'ipotesi secondo cui gli influssi ormonali svolgono un ruolo importante. Nei soggetti femminili, il fenomeno dell'emicrania si manifesta spesso durante la pubertà, diventa più frequente in età adulta, per poi migliorare durante la menopausa. Oltre il 75% degli attacchi di emicrania nelle donne sono associati alle mestruazioni. Ciò è dovuto al calo ormonale alla fine del ciclo e al rilascio di prostaglandine connesso alla perdita di sangue. In questo caso gli estrogeni hanno un'influenza maggiore rispetto ai progestinici. Durante la gravidanza il quadro ormonale è stabile, e questo è probabilmente il motivo per cui il fenomeno dell'emicrania migliora in molte donne, soprattutto a partire dalla 17a settimana di gestazione. Gli ormoni vengono utilizzati anche a livello terapeutico, ad esempio per la contraccezione, come terapia ormonale sostitutiva, per l'endometriosi, per il tumore al seno, per regolare il ciclo mestruale e come intercettazione. Questi ormoni possono inoltre innescare un'emicrania o migliorare o influenzare negativamente il decorso di un'emicrania già esistente. L'emicrania è spesso associata ad una maggiore incidenza di altre patologie, come l'endometriosi o la dismenorrea. Sono frequenti anche le depressioni.

Emicrania mestruale 
Si distingue tra emicrania mestruale (in inglese menstrual migraine, MM) ed emicrania mestruale pura (in inglese pure menstrual migraine, PMM). Per definizione, le due forme di emicrania sono accomunate dal fatto che l'attacco si verifica nei primi tre giorni del ciclo mestruale o 2 giorni in anticipo in almeno 2 o 3 cicli. Le donne affette da MM soffrono inoltre di attacchi anche in altri momenti del ciclo. La PMM, ovvero l'insorgenza della sola emicrania nel periodo summenzionato è molto rara. Gli attacchi della MM sono più dolorosi rispetto ad altri, durano più a lungo e reagiscono meno alle medicazioni acute di tipo classico. Pertanto, la sofferenza delle pazienti è spesso molto elevata. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di un'emicrania senza aura, vale a dire senza sintomi neurologici temporanei come disturbi della vista, sensazioni di malessere, disturbi del linguaggio e, più raramente, paresi. La diagnosi corretta viene rilevata da un accurato diario della cefalea e delle mestruazioni, da documentare e aggiornare nell'arco di 3 cicli.

La sindrome premestruale (SPM) 
Nonostante i sintomi siano simili, è opportuno distinguere l'emicrania mestruale dal mal di testa che si manifesta nel contesto della sindrome premestruale. I sintomi fisici della sindrome premestruale (in inglese Pre Menstrual Syndrome o PMS) comprendono tensione mammaria, mal di testa, mal di schiena, spossatezza e gonfiore. A livello psico-emotivo, la SPM si manifesta attraverso sintomi quali irritabilità, umore depressivo, disturbi del sonno e svogliatezza. Di solito il mal di testa non è il sintomo prevalente e risponde bene agli analgesici.

Emicrania e gravidanza 
Nei primi 3 mesi di gravidanza si può registrare un peggioramento dell'emicrania. In seguito, durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza, gran parte delle donne affette da emicrania è tuttavia asintomatica. Ciò riguarda in particolare le donne che soffrono di emicrania mestruale. Nel puerperio, i sintomi dell'emicrania possono ricomparire con maggiore frequenza. Il 25% delle donne con emicrania non riporta alcun cambiamento della frequenza degli attacchi durante la gravidanza. Nel pianificare una gravidanza, le donne soggette a emicrania dovrebbero richiedere una consulenza, per sapere quali antidolorifici assumere durante ogni fase della gestazione. La profilassi dell'emicrania dovrebbe inoltre essere modificata prima di interrompere la contraccezione. Il miglioramento dell'emicrania durante la gravidanza risulta essere basato sui livelli uniformemente alti e stabili degli ormoni femminili, mentre il peggioramento dopo il parto dipende dalla loro diminuzione.

Emicrania, contraccettivi ormonali combinati (COC) e altri 
Le donne che assumono un contraccettivo combinato subiscono un calo ormonale dovuto all’interruzione della somministrazione dell'ormone prima delle mestruazioni. Il fenomeno è più brusco che nel ciclo naturale e può comportare l’insorgere di emicrania molto forte, difficile da trattare e di lunga durata, analogamente ad altre MM. Questi preparati possono inoltre scatenare l'emicrania, aumentarne la frequenza e causare la comparsa di nuovi fenomeni di aurea nelle donne con emicrania senza aura. In entrambi i casi si dovrebbe sconsigliare l’assunzione di COC, usando un metodo contraccettivo diverso. Il COC può infatti aumentare il rischio di ictus cerebrovascolare nelle donne affette da emicrania. All’età 40 anni, questo rischio è 2,8 volte superiore rispetto alle donne non soggette ad emicrania. In caso di emicrania con aura, il rischio è 6 volte superiore. L'emicrania con aura costituisce pertanto una controindicazione assoluta per l'uso di COC. Un ulteriore aumento moltiplicativo del rischio è legato a condizioni di ipertensione, abuso di nicotina e/o obesità. Chi soffre di emicrania dovrebbe valutare attentamente il problema della contraccezione con un medico specialista. Anche le spirali ormonali possono incidere negativamente sul decorso dell'emicrania, mentre sotto questo aspetto le spirali di rame sono neutrali. Vari studi eseguiti negli ultimi anni hanno dimostrato che l'uso del progestinico desogestrel come contraccettivo può migliorare sia l'emicrania mestruale sia quella non mestruale. Viene esercitato un influsso positivo anche sull’emicrania non ormonale, come l'emicrania cronica. I contraccettivi a base di soli progestinici non aumentano il rischio di ictus, fatto da considerare come ulteriore vantaggio.

Emicrania nella perimenopausa e nella postmenopausa 
È chiamata perimenopausa la fase in cui l'ovulazione nella donna è più irregolare a causa dell'età e le mestruazioni sono di conseguenza discontinue. Se una donna non ha il ciclo mestruale per almeno un anno, è in postmenopausa. Nella perimenopausa si verificano a volte forti sbalzi ormonali, che comportano una maggiore frequenza dei fenomeni di emicrania. Inoltre, alcune donne soffrono di disturbi del sonno e di vampate di calore, ulteriori fattori in grado di scatenare l'emicrania. Nella postmenopausa, invece, l'emicrania scompare in molte donne, soprattutto in coloro per i quali le mestruazioni sono state un importante fattore scatenante. Cessando la maturazione dei follicoli, durante questa fase della vita il tasso di estrogeni rimane ad un livello costantemente basso. A questa età è molto raro il nuovo insorgere di un'emicrania.

Terapia ormonale sostitutiva TOS 
Si ricorre alla terapia ormonale sostitutiva (in inglese hormone replacement therapy, HRT) quando una donna in peri-postmenopausa soffre di sintomi pronunciati da carenza ormonale come irritabilità, insonnia e vampate di calore. In questo tipo di trattamento, vengono utilizzati preparati contenenti estrogeni e progestinici sotto forma di compresse, cerotti o gel. Oggi si raccomanda di somministrare la dose più bassa possibile e solo per il tempo necessario, poiché un trattamento prolungato può aumentare il rischio di cancro al seno. Per tenere basso il rischio di trombosi, dovrebbe essere proposta come opzione di prima linea la terapia transdermica. La TOS presenta tuttavia anche benefici, come la prevenzione della perdita di massa ossea (osteoporosi) e la protezione dei vasi sanguigni dall'arteriosclerosi.

Se è necessaria una terapia ormonale sostitutiva per trattare l'emicrania, è preferibile l’uso di ormoni assorbiti in modo continuativo attraverso la pelle (cerotti, gel), poiché con questo tipo di applicazione la concentrazione plasmatica subisce meno fluttuazioni rispetto all'assunzione di compresse.

Un'emicrania in regressione durante la menopausa, a volte può peggiorare nuovamente con la terapia ormonale sostitutiva. In questo caso occorre soppesare i vantaggi e gli svantaggi del trattamento. Occorre valutare la percezione soggettiva dei deficit ormonali e il rischio individuale di osteoporosi in rapporto alla frequenza, alla gravità e all'esito del trattamento degli attacchi di emicrania senza ormoni finora eseguito. Per le donne alle quali non è possibile somministrare ormoni, si è dimostrato che gli antidepressivi possono contribuire ad alleviare efficacemente i sintomi.

Emicrania

Emicrania

Käseberg C, Emmenegger M / maggio 2020 

Viene designata emicrania un tipo di mal di testa che si manifesta con un dolore acuto e improvviso, pulsante, per lo più monolaterale, acuito dall'attività fisica. Il mal di testa è spesso accompagnato da sintomi complementari come perdita di appetito, nausea, vomito, sensibilità alla luce (fotofobia), al rumore (fonofobia), all'odore (osmofobia) e bisogno di riposo.

Nella maggior parte dei casi, l’insorgenza di un attacco di emicrania si annuncia giorni prima della fase di mal di testa, attraverso segnali indicatori, i cosiddetti sintomi prodromici (nervosismo, euforia, sbalzi d'umore, perdita di appetito, fame vorace, sensibilità al freddo, ecc.).

In circa il 15-20% dei pazienti, si verifica poi la fase dell'aura, con problemi della vista, disturbi del campo visivo (scotomi ciliati), alterazioni della percezione o disturbi della sensibilità degli arti (braccia). Essa inizia in un breve lasso di tempo e di solito si arresta meno di un'ora prima dell'insorgenza del mal di testa.

La fase del dolore, caratterizzata dai sintomi vegetativi summenzionati, dura da poche ore a tre giorni. Durante la fase di regressione, il dolore si attenua gradualmente. Il giorno seguente il paziente si sente spesso ancora stanco ed affaticato.

I bambini (maschi e femmine) soffrono di emicrania con una frequenza approssimativamente equivalente (prevalenza a 1 anno: 3-7%). Solamente in età puberale aumenta la prevalenza nei soggetti di sesso femminile, a seguito dell'influenza degli ormoni sessuali femminili. La prevalenza a 1 anno è compresa tra il 10-15%. Sono particolarmente colpite le persone di età compresa tra i 25 e i 45 anni, con una frequenza fino a tre volte superiore per le donne rispetto agli uomini.

Poiché in Svizzera vive circa 1 milione di pazienti affetti da emicrania, questa malattia riveste una grande importanza sul piano economico. I costi annuali sono stimati a 500 milioni di franchi. Mentre le cure mediche e i trattamenti farmacologici ammontano a circa 100 milioni, sono particolarmente ingenti i costi indiretti derivanti dall'incapacità lavorativa totale o parziale.

L’emicrania è una malattia psicologica (e quindi influenzabile dall’esterno) oppure un destino genetico ?

L’emicrania è una malattia psicologica (e quindi influenzabile dall’esterno) oppure un destino genetico ?

C. Meyer / Febbraio 2013

Già da tempo si sospetta una predisposizione genetica nell’emicrania, soprattutto in base all’osservazione che in molte famiglie la malattia  mostra  un carattere ereditario. È assodato che alcune anomalie genetiche alla base dell’emicrania sono responsabili di un disturbo metabolico nei neuroni (sovraccarico di calcio, funzionamento patologico di un canale ionico) e che mediante ciò viene attivato uno specifico meccanismo del dolore.

Quale ruolo gioca in questo caso la psiche come possibile fattore causale ? Non vi sono risposte sicure: la psiche in alcuni casi puo’ giocare un ruolo (in conseguenza alla gioia, o anche al dolore), ma cio’ non è dimostrato. Malattie come depressione e ansia sono abbastanza spesso accompagnatorie all’emicrania, non ne sono tuttavia la sola causa. Vi sono infatti soggetti psicologicamente labili  che tuttavia non soffrono particolarmente di mal di testa.

Che un’emicrania “normale”, con pochi attacchi al mese, dopo molti anni passi ad un quotidiano mal di testa cronico con una qualità di vita limitata è un dato di fatto, che finora nessuno ha potuto spiegare sufficientemente. Nemmeno una causa psicologica, in questo caso, ha potuto essere dimostrata, ma dolori persistenti possono col tempo portare ad alterazioni psicologiche. Da decenni si discute l’esistenza di una “personalità emicranica”, supportata dall’esperienza medica ma non da prove scientifiche sino ad ora.

Chirurgia dell’emicrania

Chirurgia dell’emicrania

(Testo solo in tedesco)

P. Sandor / Sommer 2016

Seit einiger Zeit wird in der Schweiz eine so genannte „Migränechirurgie“ angeboten. Immer wieder melden sich Patienten und fragen ob das Heraustrennen eines Gesichtsmuskels tatsächlich eine Heilung ihrer Migräne bewirken könnte, oder mindestens eine Linderung.

Nach heutigem Stand des Wissens - von den Spezialisten weltweit übereinstimmend so vertreten - entsteht die Migräne im Gehirn. In den Forschungen und Überlegungen zu den Entstehungsmechanismen spielt ein einzelner Gesichtsmuskel keine wesentliche Rolle.

Auch ist in den wissenschaftlichen Zeitschriften keine Untersuchung veröffentlicht worden, welche die Wirksamkeit eines chirurgischen Eingriffs auf die Migränehäufigkeit oder –schwere belegt hätte.

Leider sind Betroffene immer wieder bereit, unbewiesene, wirkungslose oder sogar schädliche Methoden auszuprobieren, um ihre Migräne zu lindern. Dazu gehören teils auch chirurgische Massnahmen, also nicht rückgängig zu machende Eingriffe in den menschlichen Körper. Teils werden auch hohe Summen von Anbietern verlangt und Betroffene sind manchmal bereit, sie zu bezahlen.

Mindestens einiges hiervon trifft auch für die Migränechirurgie zu. Wissenschaftlich akzeptable Untersuchungen  zu ihrer Wirksamkeit fehlen, sie ist teuer, und bei weitem nicht risikolos.

Die Therapiekommission der Schweizerischen Kopfwehgesellschaft empfiehlt somit auch ganz klar: Finger weg von dieser (und ähnlichen) Methoden.

L’emicrania nella menopausa

L’emicrania nella menopausa

G. Merki / Febbraio 2013

L’emicrania nella menopausa
A causa dell'assenza di maturazione follicolare, nella menopausa i livelli di estrogeni sono costantemente bassi. In alcune pazienti sofferenti di emicrania ciò contribuisce a un miglioramento con riduzione del numero degli attacchi e/o della loro intensità.

Soprattutto donne che hanno sofferto di un’emicrania mestruale nella menopausa si sentono spesso più sollevate. Molto raramente ricompare l'emicrania in questa fase di vita. 

Terapia ormonale sostitutiva
Consiste in preparati contenenti estrogeni e progestinici in forma di pastiglie, cerotti o gel. Gli ormoni sono indicati per il trattamento dei fastidi secondari alla menopausa, come vampate di calore, disturbi del sonno e irritabilità. Inoltre possono rallentare l'osteoporosi e contribuire a proteggere i vasi sanguigni dall'arteriosclerosi.

Nel caso si proceda a una terapia ormonale sostitutiva in caso di emicrania sono da prediligere gli ormoni (cerotti e gel) che vengono assorbiti continuamente dalla pelle, visto che i livelli ematici tramite questo tipo di applicazione variano meno rispetto all'assunzione di pastiglie.

Un’emicrania in miglioramento nella menopausa può talvolta peggiorare nuovamente con una terapia ormonale sostitutiva. In tal caso bisogna soppesare vantaggi e svantaggi del trattamento, e decidere se proseguire o meno tale cura.

Gestione dei pazienti affetti da cefalea cronica con uso eccessivo di farmaci e gestione delle cefalee multimodali

Gestione dei pazienti affetti da cefalea cronica con uso eccessivo di farmaci e gestione delle cefalee multimodali

 Landmann G / maggio 2020 

La disintossicazione dagli antidolorifici altamente efficaci rappresenta una componente necessaria del trattamento. In linea di principio, essa può essere effettuata in ambulatorio o in regime di ricovero. Questo vale anche per i pazienti con abuso di farmaci a causa di cefalee secondarie. Nelle situazioni complesse, può essere necessario far seguire un trattamento multimodale di follow-up (programma per cefalea/di riabilitazione).

I. Criteri per la disintossicazione ambulatoriale (analgesici, FANS/antireumatici non steroidei e triptani) 

  • Prima disintossicazione 
  • Breve anamnesi (<2 anni) 
  • Nessun fattore rilevante di rischio psicosociale e/o comorbilità mentale 
  • Nessuna assunzione di sedativi, oppioidi Può essere necessario un trattamento multimodale di follow-up.

II. Criteri per la disintossicazione con ricovero (analgesici, FANS e triptani) 
Per i pazienti che non soddisfano i criteri summenzionati è necessario il ricovero in ospedale. La durata del ricovero è di circa 5 giorni. Per la maggior parte di questi pazienti è necessaria la riabilitazione ospedaliera in un programma multimodale per il trattamento della cefalea.

III. Attuazione della disintossicazione da analgesici, FANS e triptani 

  • Brusca sospensione della somministrazione di antidolorifici altamente efficaci 
  • Prednisone 100 mg/dì per 5 giorni (Pageler 2008, Rabe 2013) 
  • Definizione parallela di una profilassi farmacologica 
  • Cercare di evitare l'uso di riserva di antidolorifici altamente efficaci; se comunque necessari: cambio di classe di sostanza farmacologica, somministrazione supplementare diantiemetici

IV. Attuazione della disintossicazione da oppioidi 
Questo tipo di disintossicazione si differenzia dagli algoritmi summenzionati e di solito non è praticabile in un contesto neurologico. Per la disintossicazione da oppioidi è opportuno coinvolgere un reparto non neurologico con adeguata specializzazione (reparto di terapia del dolore, anestesiologico, psichiatrico/psicoterapeutico o psicosomatico). Nella maggior parte dei casi, è necessario un ricovero ospedaliero (varie settimane). Occorre inoltre disintossicare il paziente dall'uso regolare di benzodiazepine. Di seguito, il trattamento dei pazienti può proseguire in ambito neurologico.

V. Ulteriore trattamento multimodale / Gestione multimodale delle cefalee 
In linea di principio, per tutti i pazienti affetti da mal di testa frequenti o cronici, si dovrebbe contemplare una terapia multimodale. Multimodale non significa solamente l'applicazione di diverse modalità terapeutiche (vedi sotto), ma, nel quadro del modello di malattia biopsicosociale costituito dal dolore cronico, assume importanza solo in caso di un'intensa collaborazione tra tutti i terapeuti e comprende la co-assistenza medica (neurologia), psicosociale (psicologica/psicosomatica/psichiatrica) e fisioterapeutica.

Per tutti i pazienti che devono essere disintossicati in regime di ricovero, si consiglia la riabilitazione ospedaliera nell'ambito di un programma multimodale per la cefalea (durata circa 3 settimane). Per i pazienti sottoposti a disintossicazione ambulatoriale dovrebbe seguire un programma ambulatoriale per il trattamento della cefalea (day hospital per 1-3 settimane); in molti casi esso è necessario anche dopo il completamento di un programma di ricovero. I pazienti con cefalea frequente o cronica, anche senza un abuso di farmaci, traggono vantaggio dai programmi multimodali per la cefalea.

VI. Indicazioni per programmi multimodali per la cefalea 

  • Cefalea frequente o cronica 
  • Stress psicosociale 
  • Comorbilità mentali rilevanti 
  • Condizione successiva a (diverse) disintossicazioni, compresa vari ricoveri (odissea)

VII. Componenti dei programmi multimodali per la cefalea (basati sull'evidenza, come selezione) 

  • Farmacoterapia (terapia acuta, profilassi) per il trattamento della sindrome primaria del mal di testa 
  • Informazioni mediche sotto forma di chiarimenti sulle patologie e le terapie per la cefalea 
  • Contenuti fisioterapici come training aerobico/allenamento di resistenza, programmi di esercizio per i muscoli della nuca e della mandibola, tecniche manuali terapeutiche 
  • Contenuti psicoterapici come tecniche di rilassamento (ad es. rilassamento muscolare progressivo secondo Jacobson), biofeedback, psicoterapia (in presenza di comorbilità psichica), educazione psicologica/coaching (ad es. trigger psicologici), trattamento del dolore, gestione del dolore 
  • Procedure mediche complementari come l'agopuntura 
  • Eventuali procedure operatorie (ad es. nervo grande occipitale, ganglio di Gasser), TENS (stimolazione elettrica nervosa transcutanea)
Visita dal medico a causa dell'emicrania

Visita dal medico a causa dell'emicrania

Galli U / maggio 2020 (sulla base di una versione precedente di G. Jenzer, 2013) 

Spesso la situazione tende a migliorare quando si sa finalmente di cosa si soffre. Diversi studi dimostrano che tutt’oggi circa la metà dei soggetti affetti da emicrania non conosce ancora il nome della propria miserevole tortura. Solo la classificazione e la designazione da parte di ricercatori competenti è in grado di offrire a molti di loro la promettente prospettiva di un nuovo inizio di una storia che fa parte della loro vita da anni o addirittura decenni, a volte perfino in modo rovinoso.

Quindi, se soffre di mal di testa, si dovrebbe farsi visitare da uno specialista per la cura delle cefalee e richiedere una diagnosi precisa. Ciò obbliga tutti coloro che trattano in modo responsabile a svolgere una terapia efficace, sulla base dello stato attuale delle conoscenze e delle competenze. Tuttavia, è opportuno che sappia quale può essere il Suo diretto contributo: l'emicrania è una malattia fisica la cui predisposizione è innata. È semplicemente qualcosa che si ha, mentre ad altri viene risparmiata. Tuttavia, soprattutto in presenza di questa sofferenza, il proprio contributo è spesso piuttosto utile.

Fanno parte di uno stile di vita adeguato abitudini regolari, sonno sufficiente, attività fisica, rilassamento ed equilibrio, un’alimentazione regolare ma moderata, oltre che evitare particolari situazioni di stress come gli effetti della luce intensa, a cui il cervello "ipereccitabile", tipico di chi soffre di emicrania, è particolarmente sensibile.

Sono considerate situazioni critiche anche i grandi stress emotivi di qualsiasi tipo. Naturalmente, non sempre è possibile evitarli e fanno parte della vita. Tuttavia, è possibile imparare ad affrontarli in modo più favorevole e conoscere il modo in cui reagiamo alle situazioni difficili. Può essere utile un colloquio di fiducia con il proprio medico o con uno psicoterapeuta specializzato in cefalee. Inoltre, è importante attenersi con la massima precisione possibile al dosaggio e ai tempi di assunzione previsti per i farmaci. Durante la consultazione, chieda tranquillamente spiegazioni dettagliate e abbia il coraggio di parlare in modo aperto e critico dei vantaggi e degli eventuali svantaggi delle misure adottate, perché proprio le Sue esperienze costituiscono la base per ulteriori decisioni.

Il primo obiettivo della terapia farmacologica è quello di trovare il farmaco appropriato e il giusto dosaggio per trattare gli attacchi di emicrania. Questo primo obiettivo di un alleviamento sostanziale del caso individuale di emicrania non riesce sempre al primo tentativo e richiede pazienza da parte di tutti gli interessati, ma ne vale la pena, perché con un trattamento adeguato gli attacchi vengono notevolmente ridotti, il dolore viene eliminato completamente o fortemente diminuito e la qualità della vita migliora notevolmente.

Il secondo obiettivo, di tipo preventivo, dovrebbe essere quello di ridurre la frequenza o addirittura eliminare completamente gli attacchi. Da un lato svolge un ruolo importante il proprio comportamento (come descritto sopra). Un regolare allenamento di resistenza, ad esempio, è efficace quanto i farmaci di profilassi, a condizione che venga eseguito in modo coerente. Se non è possibile cambiare con facilità il comportamento, si può ricorrere a farmaci di varie categorie per prevenire gli attacchi. È importante sapere che la maggior parte di questi farmaci preventivi non aiuta se l’attacco di emicrania è già in corso. Possono tuttavia fungere da barriera protettiva per prevenire ulteriori crisi. Ciò richiede però un uso regolare, vale a dire a lungo termine e come profilassi. A volte questo costituisce un problema di motivazione, perché più lontano è l'ultimo attacco, più viene messa in discussione la necessità di assumere i farmaci. A maggior ragione se si considerano gli effetti collaterali. Anche in questo caso, un rapporto di fiducia con il Suo medico è il presupposto per poter accettare una terapia farmacologica preventiva, soppesando criticamente gli effetti positivi di cui ha beneficiato e gli effetti collaterali accettabili.

Per non perdere di vista i risultati dei Suoi sforzi, dovrebbe tenere un diario del mal di testa. Durante la visita dal medico, si tratta di una base molto utile per un ulteriore orientamento terapeutico.

Il trattamento moderno dell'emicrania costituisce una delle conquiste mediche più importanti degli ultimi anni. Poiché sono in gioco aspetti fisici, emotivi e comportamentali interconnessi da contemplare nella terapia, è essenziale un consulto di fiducia con il medico, coinvolgendo se necessario altri professionisti terapeutici e, soprattutto, cooperando personalmente. Sia disponibile per questo tipo di colloquio e cerchi un medico con il quale sia possibile.

Cefalee e radiografie: si o no ?

Cefalee e radiografie: si o no ?

E. Taub / Febbraio 2013

La maggior parte delle cefalee sono benigne, tuttavia il mal di testa è talora il sintomo principale di una lesione cerebrale da trattare.

Cefalee acute
Il paziente con dolore improvviso descritto come  “il più grave mal di testa della mia vita”, con o senza rigidità della nuca, con un attacco epilettico o con altri sintomi accompagnatori, deve essere portato urgentemente al pronto soccorso di un ospedale per essere sottoposto ad indagini (fra cui una TAC cerebrale) per escludere un’emorragia cerebrale subaracnoidale o intraparenchimatosa.

Cefalee subacute
Il paziente con cefalea inabituale che peggiora sull’arco di alcune settimane deve essere visitato ambulatorialmente e sottoposto ad un esame neuroradiologico, preferibilmente MRI. Queste cefalee sono talora da ricondurre a una ipertensione benigna o maligna. In un paziente anziano possono destare il sospetto di un ematoma subdurale, che diventa più probabile nel caso in cui, nelle ultime settimane vi è stato un trauma cranico e/o se il paziente  assume aspirina o anticoagulanti.

Di regola l’esecuzione di una MRI cerebrale non è urgente nelle persone in pazienti che soffrono di cefalee tensive od emicraniche tipiche; entra invece in considerazione nel caso in cui vi siano dei dubbi sulla diagnosi, oppure qualora il dolore abituale si modifichi. La MRI è indicata in ogni paziente con una nuova cefalea difficile da inquadrare diagnosticamente. Con un esame neurologico normale la probabilità di un esito patologico rimane bassa, ma talora giustificata.

Cefalee croniche
Alcuni esperti ritengono che anche pazienti con cefalee ben classificabili, corrispondenti a una delle classiche sindromi cefalalgiche dovrebbero sottoporsi almeno una volta nella vita ad un esame diagnostico per immagini, preferibilmente MRI. In qualche raro caso infatti alcune lesioni del cervello possono presentare i sintomi di una cefalea classica.

Cefalea post-traumatica

Cefalea post-traumatica

Palla A, Schmidt H, Schaumann-von Stosch R, Sprenger T / maggio 2020 

Il mal di testa costituisce uno dei disturbi più frequenti dopo un trauma, considerando che gli incidenti stradali (24-58%), le cadute (24-45%) e gli infortuni sportivi (3-18%) rappresentano la percentuale più alta di sinistri (1,2). La classificazione internazionale delle cefalee comprende le condizioni acute e persistenti post-trauma (capitolo 5 ICDH-3). Il principale criterio di classificazione è la correlazione temporale tra l'insorgenza della cefalea (entro 7 giorni) e il trauma. Per la cefalea persistente è fondamentale il perdurare dei disturbi per più di tre mesi.

Secondo uno studio di Stovner e colleghi (3), nel 47,4% dei casi si manifesta una cefalea acuta dopo un lieve trauma cranico e nel 43,2% dei casi dopo un qualsiasi trauma non a carico della testa. In uno studio recente di Lucas e colleghi, il 54% dei pazienti ha lamentato dolori alla testa subito dopo un lieve trauma cranico, con prevalenza del 62% dopo 3 mesi e del 58% a distanza di un anno (2). Occorre tuttavia sottolineare che i dati relativi alla prevalenza variano notevolmente, soprattutto nel caso della cefalea persistente. In uno studio condotto a Vienna, ad esempio, il 66% dei soggetti ha accusato mal di testa acuto post-traumatico dopo un lieve trauma cranico, ma in nessuno dei casi è osservata una cronicizzazione (4). In un altro studio realizzato in Danimarca, il 10% ha sofferto di cefalea post-traumatica persistente dopo un lieve trauma cranico, ovvero di una cefalea posttraumatica persistente oltre i 3 mesi (5).

Non esiste una chiara corrispondenza tra l'entità del trauma e la gravità del mal di testa. I dati pubblicati suggeriscono piuttosto una possibile correlazione negativa tra la cefalea persistente e l'entità del trauma. Due studi di rilievo dimostrano, ad esempio, che le lesioni craniche di lieve entità determinano più spesso una cronicità del mal di testa (6,7).

La cefalea dopo un trauma è un fenomeno disomogeneo e può presentare diverse caratteristiche della cefalea primaria. Le forme più diffuse sono l'emicrania e la cefalea di tipo tensivo (8).

È opportuno monitorare il decorso dopo una lesione alla testa, con un attento controllo da parte del medico generico (ogni 2 o 3 giorni) fino alla cessazione dei sintomi ed eventualmente mediante una visita specialistica. Le misure di accompagnamento consigliabili sono un colloquio informativo ai pazienti con trauma cranico di lieve entità sull'innocuità della lesione (naturalmente dopo l'esclusione di una lesione strutturale tramite imaging diagnostico) e sui sintomi. In caso di persistere della cefalea per più di 2 settimane o se si manifestano sintomi premonitori (ad es. di insufficienza neurologica, crisi epilettiche, ecc.) è necessario consultare uno specialista in neurologia. Se necessario, lo specialista prescriverà una diagnosi estesa, soprattutto con risonanza magnetica, chiarendo anche la situazione psicosociale. In particolare, occorre considerare, escludere e/o trattare opportunamente complicazioni come lo sviluppo di cefalea da abuso di farmaci (9, 10). Se la cefalea persiste e sono state escluse le ragioni causali, si possono contemplare strategie di profilassi della cefalea con o senza uso di farmaci. In mancanza di studi controllati più estesi relativi alla cefalea post-traumatica, le raccomandazioni si basano sull'esperienza clinica e si attengono alle linee guida per il tipo di cefalea primaria del fenotipo corrispondente. Oltre alla terapia farmacologica, si ricorre spesso anche ad approcci passivi e attivi di fisioterapia, medicina fisica, generale e dello sport e psicoterapia del dolore. Nel caso di decorso cronico, occorre tenere conto anche dell'aspetto del reinserimento professionale.

Bibliografia 

  1. Lucas S, Hoffman JM, Bell KR, Dikmen S. A prospective study of prevalence and characterization of headache following mild traumatic brain injury (Studio prospettico di prevalenza e caratterizzazione della cefalea a seguito di una lieve lesione cerebrale traumatica). Cephalalgia (Cefalgia). 2014 Feb; 34(2):93-102. 
  2. Kjeldgaard D, Forchhammer H, Teasdale T, Jensen RH. Chronic post-traumatic headache after mild head injury: a descriptive study (Cefalea cronica post-traumatica dopo un lieve trauma cranico: studio descrittivo). Cephalalgia (Cefalgia). 2014 Mar; 34(3):191-200. 
  3. Stovner LJ, Schrader H, Mickeviciene D, Surkiene D, Sand T. Headache after concussion (Cefalea in seguito a commozione cerebrale). European journal of neurology: the official journal of the European Federation of Neurological Societies (Rivista europea di neurologia: la rivista ufficiale della Federazione europea delle società di neurologia). 2009 Jan; 16(1):112-20. 
  4. Lieba-Samal D, Platzer P, Seidel S, Klaschterka P, Knopf A, Wober C. Characteristics of acute posttraumatic headache following mild head injury (Caratteristiche della cefalea acuta post-traumatica a seguito di una lieve lesione alla testa). Cephalalgia: an international journal of headache (Cefalgia: rivista internazionale sulla cefalea). 2011 Dec; 31(16):1618-26. 
  5. Zeeberg P, Olesen J, Jensen R. Efficacy of multidisciplinary treatment in a tertiary referral headache centre (Efficacia del trattamento multidisciplinare in un centro terziario di riferimento per il trattamento delle cefalee). Cephalalgia (Cefalgia). 2005 Dec; 25(12):1159-67. 
  6. Nampiaparampil DE. Prevalence of chronic pain after traumatic brain injury: a systematic review (Prevalenza del dolore cronico dopo una lesione cerebrale traumatica: una revisione sistematica). JAMA. 2008 Aug 13; 300(6):711-9. 
  7. Lenaerts ME. Post-traumatic headache: from classification challenges to biological underpinnings (Cefalea post-traumatica: dalle sfide di classificazione ai fondamenti biologici). Cephalalgia: an international journal of headache (Cefalgia: rivista internazionale sulla cefalea). 2008 Jul;28 Suppl 1:12-5. 
  8. Ashina H, Porreca F, Anderson T, Amin FM, Ashina M, Schytz HW, Dodick DW. Posttraumatic headache: epidemiology and pathophysiological insights (Cefalea posttraumatica: epidemiologia e approfondimenti fisiopatologici). Nat Rev Neurol. 2019 Oct; 15(10):607-617.
  9. Stosch RS, Schmidt H, Sandor P. Posttraumatic headache-IHS chapter 5 (Cefalea posttraumatica-IHS capitolo 5). Cephalalgia: an international journal of headache (Cefalgia: rivista internazionale sulla cefalea). 2008 Aug; 28(8):908-9. 
  10. Olsesen J. Response to letter: comment by Schaumann et al. (Risposta alla lettera: commento di Schaumann et al.) Cephalalgia: an international journal of headache (Cefalgia: rivista internazionale sulla cefalea). 2008 Aug; 28(8):909.
Cefalea di tipo tensivo

Cefalea di tipo tensivo

B. Nater, T. Sprenger, P. Sandor / Febbraio 2013

La cefalea di tipo tensivo rientra, così come l'emicrania, tra le cefalee primarie, ossia quelle che non hanno una causa ben definita. Pur essendo più frequente dell'emicrania, esistono meno studi al riguardo. Per lungo tempo è stata vista come un disturbo prettamente psicologico, ragion per cui prende diversi nomi, quali cefalea da stress, cefalea psicogena, cefalea muscolo-tensiva o cefalea psicomiogena.

La cefalea tensiva sporadica, ossia meno frequente, ha un impatto minimo sulla vita del paziente. Invece, le forme frequenti e croniche sono molto più pesanti da sopportare e riducono la qualità della vita.

Solitamente non si tratta di un dolore pulsante; viene descritto piuttosto come disturbo gravativo e costrittivo, generalmente bilaterale. La sua intensità è inferiore al dolore provocato dall'emicrania e in linea di massima non risulta aggravato dall'attività fisica. Nausea e vomito non sono sintomi tipici. Queste differenze caratteristiche consentono di distinguere l'emicrania dalla cefalea di tipo tensivo, sebbene anche i pazienti emicranici manifestino in genere episodi di cefalea tensiva.

In particolare, in caso di cefalea tensiva cronica è necessario cercare anche altre cause di mal di testa. I meccanismi scatenanti della cefalea di tipo tensivo sono poco conosciuti. Alcuni studi hanno dimostrato che talvolta è presente un'elevata tensione muscolare e che nelle forme croniche sussiste una sensibilizzazione nel sistema nervoso centrale. Rispetto all'emicrania, esistono in questo caso pochi nuovi famaci. Il trattamento della cefalea di tipo tensivo viene affrontato in un altro capitolo.

Vertigini e cefalea

Vertigini e cefalea

A. Palla / Febbraio 2013

Dopo il mal di schiena e il mal di testa, le vertigini sono, in termini di frequenza, il terzo sintomo che i pazienti riportano al medico. Pertanto non stupisce che i disturbi da vertigini si manifestino spesso in concomitanza con la cefalea. A livello puramente numerico la manifestazione concomitante casuale delle due patologie si osserva nell'1% della popolazione. Tuttavia, quando i pazienti affetti da emicrania riferiscono l'ulteriore insorgenza di vertigini, emerge un quadro interessante che implica più di una pura casualità. Anzi, pare che le vertigini siano proprio un sintomo dell'emicrania e che consentano al medico di formulare la diagnosi di emicrania vestibolare.
 

Le vertigini tipiche dell'emicrania vestibolare possono manifestarsi in molti modi diversi: si va dalla sensazione di giramento, oscillazione o perdita d'equilibrio, fino alla sensazione di sollevamento o anche solo di incertezza sulle gambe, stando in piedi o camminando. L'importante è che i sintomi accusati siano sempre riconducibili a un disturbo dell'equilibrio. In altre parole, in presenza di vertigini ad esempio causate da un abbassamento di pressione (ossia vertigini da ipotensione ortostatica) non è possibile formulare la diagnosi di emicrania vestibolare. Inoltre, è fondamentale notare che a dispetto del nome l'emicrania vestibolare si manifesta spesso senza cefalea e che può essere molto più breve in termini di durata (pochi secondi) o anche molto più lunga (giorni o anche settimane), rispetto ad un tipico episodio di emicrania.

Poiché l'emicrania vestibolare è caratterizzata da una grande variabilità, è spesso difficile giungere a una diagnosi. A questo proposito può essere utile porre domande mirate sui seguenti fattori:

  1. devono manifestarsi almeno due episodi di vertigini;
  2. dev'essere presente un'emicrania o questa dev'essersi per lo meno manifestata in precedenza;
  3. almeno uno degli episodi di vertigini dev'essere stato accompagnato da sintomi tipici dell'emicrania (es. cefalea, fotofobia o fonofobia, scotoma scintillante).

Qualora anche in seguito a queste informazioni non sia possibile formulare una diagnosi certa e se sono già state escluse eventuali altre cause delle vertigini, è possibile passare ad un tentativo di trattamento pratico, utilizzando sostanze efficaci nella terapia acuta e di profilassi della cefalea emicranica.

È opportuno che il cardiologo chiuda chirurgicamente il forame ovale pervio del cuore per ridurre la frequenza dell'emicrania?

È opportuno che il cardiologo chiuda chirurgicamente il forame ovale pervio del cuore per ridurre la frequenza dell'emicrania?

Biethahn S, Sandor S, Sprenger T / maggio 2020 

No.

Il FOP (= forame ovale pervio, inglese patent foramen ovale o PFO) è un'apertura cardiaca che normalmente si chiude completamente alla nascita. In circa un quarto della popolazione, questa chiusura non avviene o è incompleta, e si crea un collegamento tra la parte destra e sinistra del cuore, vale a dire tra la circolazione corporea e la circolazione polmonare. Mentre in condizioni normali il sangue proveniente dall’organismo viene filtrato attraverso le sottili vene dei polmoni prima di raggiungere il cervello, nel caso del FOP è possibile una scorciatoia, per cui una certa quantità di sangue "non filtrato" può affluire direttamente al cervello. Nei subacquei, ciò può causare il passaggio di bolle d'aria "non filtrate" nel flusso sanguigno cerebrale, causando problemi neurologici e di altro tipo.

Secondo voci non confermate, nei subacquei affetti da emicrania con aura sarebbe possibile risolvere la patologia mediante un'occlusione cardiologica del FOP. Questa osservazione e altre indicazioni hanno portato a discutere e in parte a realizzare questo intervento come opzione terapeutica per l'emicrania con aura. Successivamente, sono stati pubblicati numerosi studi sull'efficacia della chiusura del FOP in caso di emicrania. Gli studi più approfonditi finora disponibili sono stati negativi, cioè non hanno mostrato alcun miglioramento o hanno riportato solo un leggero miglioramento dell'emicrania dopo la chiusura. Resta ancora aperta la questione se il trattamento sia indicato per un sottogruppo di pazienti con frequenti episodi di emicrania con aura che non hanno risposto a diverse altre terapie. Inoltre, occorre considerare che anche un piccolo intervento, come la chiusura del FOP, comporta determinati rischi.

Di conseguenza, al momento non è possibile formulare alcuna raccomandazione generale in merito alla chiusura di un FOP come terapia per l'emicrania.

I triptani sono efficaci, ma non sempre e non per tutti

I triptani sono efficaci, ma non sempre e non per tutti

Biethahn S, Sandor P / maggio 2020 

Per il trattamento acuto dell'emicrania, da oltre 15 anni sono in commercio i cosiddetti triptani, che hanno apportato una nuova categoria di efficacia nella terapia di questa patologia. Le crisi, che prima duravano giorni, spesso possono essere ben gestite in poche ore e molti pazienti hanno riacquistato gran parte della qualità di vita proprio grazie a questa classe di sostanze. I triptani sono efficaci per l'emicrania, la cefalea a grappolo e alcune altre rare forme di cefalea, ma non per le vere e proprie cefalee tensive.

Esistono diversi tipi di triptani, che si differenziano principalmente per la velocità di efficacia, la durata dell'effetto e la forma di dosaggio (pastiglie, compresse solubili, spray nasale, iniezioni). Sono aspetti di cui si tiene conto al momento della scelta di un triptano, a seconda del decorso individuale dell'emicrania. Ciononostante, può succedere che alcuni triptani non abbiano effetto. In questi casi è consigliabile provare comunque un terzo o un quarto tipo di triptano.

In alcuni pazienti si manifestano effetti collaterali spiacevoli ma innocui, come ad esempio una sensazione di tensione nell'area del torace. Tuttavia, nel corso di diversi anni di esperienza clinica i triptani hanno dimostrato di essere complessivamente una classe di sostanze molto efficace e ben tollerata. Il presupposto per l’assunzione è l’assenza di infarto cardiaco o cerebrale pregresso e un sistema cardiovascolare sano. Occorre inoltre sottolineare che l'uso troppo frequente di triptani (oltre otto giorni al mese) comporta un aumento del rischio di sviluppare mal di testa da abuso di farmaci.

Raccomandazioni per la valutazione dell'incapacità lavorativa a causa di cefalea

Raccomandazioni per la valutazione dell'incapacità lavorativa a causa di cefalea

Schmidt H, Emmenegger M, Schaumann R, S. Biethahn S / maggio 2020 

Principio: diagnosi e trattamento prima dell'inabilità lavorativa.

Incapacità lavorativa sotto trattamento del medico di assistenza primaria: 

  1. Incapacità lavorativa breve con o senza certificato medico max. 5 giorni/anno 
  2. Nessuna inabilità al lavoro prolungata dovuta a cefalea

Se non è fattibile, rivolgersi a un medico per una valutazione neurologica: 

  1. Accertamento diagnostico, in particolare chiarimento del MOH 
  2. Avvio/ottimizzazione della terapia acuta 
  3. Definizione di una profilassi 
    a. farmacologica 
    b. non medicamentosa

Incapacità lavorativa sotto trattamento neurologico: 

  1. Incapacità lavorativa breve con o senza certificato medico generalmente solo per pochi giorni/anno. 
  2. Incapacità lavorativa a lungo termine a causa di cefalea primaria solo in casi eccezionali con relativo controllo della plausibilità / motivazione di tipo neurologico 
  3. Una valutazione interdisciplinare è un requisito indispensabile in caso di cefalea secondaria
Forme insolite di mal di testa

Forme insolite di mal di testa

(Testo solo in tedesco)

Sendung von gesundheitheute vom 11. Mai 2013

Kopfweh kennt fast jeder. Doch Kopfweh ist nicht gleich Kopfweh. Es gibt rund zweihundert verschiedene Arten von Kopfschmerzen. «Gesundheit heute» konzentriert sich auf atypische Kopfschmerzen wie die attackenartigen extremen «Clusterkopfschmerzen» oder die plagenden Wahrnehmungsstörungen bei Migräne. Die Redaktion wagt auch einen Blick auf ungewöhnliche Auslöser für Kopfschmerzen, zum Beispiel Kälte, Husten oder Sex.

In der Rubrik «Akzent» berührt die Lebensgeschichte einer 16jährigen jungen Frau, die trotz schwerer Erbkrankheit das Lachen nicht verloren hat.

Hier geht es weiter zur Sendung.

Emicrania vestibolare

Emicrania vestibolare

Palla A, Gobbi C, O. Meienberg O / maggio 2019 

L'emicrania vestibolare è la causa più comune di attacchi di vertigini ricorrenti e spontanei. Ne è colpito circa l'1% della popolazione del mondo occidentale (1). La causa dell'emicrania vestibolare non è chiara ed esiste un dissenso soprattutto sul fatto che si tratti di un'entità separata o di un sottotipo di emicrania, in cui sintomi vestibolari come il vomito o la sensibilità alla luce sono considerati concomitanti (2).

I pazienti affetti da emicrania vestibolare lamentano sintomi di vertigini (da rotazione o ondeggiamento, insicurezza di deambulazione, stordimento) di intensità moderata o grave, di durata compresa tra 5 minuti e 72 ore, di cui almeno il 50% associato a emicrania, sensibilità alla luce e al rumore e nausea. Per poter diagnosticare l'emicrania vestibolare secondo la Società internazionale delle cefalee (ICHD-3) e la Società Bárány (società internazionale di neurootologia), i pazienti devono avere un quadro clinico presente o passato di emicrania "classica".

Il trattamento dell'emicrania vestibolare si orienta alle linee guida per l'emicrania. Questo si fonda sull'ipotesi di processi fisiopatologici comuni e sulla mancanza di studi più ampi controllati con placebo. Esistono però due piccoli studi clinici randomizzati controllati sulla terapia acuta con i triptani rizatriptan e zolmitriptan. Lo studio sul rizatriptan ha evidenziato un’efficacia rilevante sui sintomi tipici della cinetosi, mentre lo studio sul zolmitriptan ha dimostrato l'efficacia sulla gravità degli attacchi di emicrania vestibolare. (3, 4). Per il trattamento della nausea, si consiglia il dimenidrinato, con effetto comprovato nella chinetosi e nell'insufficienza vestibolare acuta (5). Come farmaci di profilassi, si raccomandano in prima istanza i beta-bloccanti e la flunarizina, seguiti dal topiramato e dal valproato (6). Si consiglia cautela nell'uso della betaistidina, cui si ricorre spesso nel trattamento delle vertigini, che può tuttavia causare mal di testa

Bibliografia 

  1. Neuhauser HK, et al. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population (Epidemiologia delle vertigini vestibolari: un'indagine neurotologica della popolazione in generale). Neurology (Neurologia) 2005 
  2. Stolte B et al. Vestibular migraine (Emicrania vestibolare). Cephalalgia (Cefalgia) 2015 
  3. Furman JM, Marcus DA, Balaban CD. Rizatriptan reduces vestibular-induced motion sickness in migraineurs (Rizatriptan riduce la chinetosi di origine vestibolare nei soggetti emicranici). J Headache Pain 2011;12:81–8 
  4. Neuhauser HK et al. Zolmitriptan for treatment of migrainous vertigo: a pilot randomized placebo-controlled trial (Zolmitriptan per il trattamento delle vertigini emicraniche: studio pilota randomizzato controllato con placebo). Neurology (Neurologia) 2003 
  5. Zwergal A, Strupp M. Medikamentöse Therapie bei Schwindel: Was gibt es Neues? (Terapia farmacologica per le vertigini: quali sono le novità?) DNP 2019 
  6. Obermann, M. Diagnose und therapeutische Optionen bei vestibulärer Migräne (Diagnosi e opzioni terapeutiche nell' emicrania vestibolare). Schmerzmedizin (Medicina del dolore) 2019
Cannabinoidi e oppioidi per le cefalee

Cannabinoidi e oppioidi per le cefalee

Sturzenegger M, Flügel D, Iff T / maggio 2020 

Non esiste alcuna prova dell'efficacia dei preparati a base di cannabis per il trattamento della cefalea

Oppiacei per le cefalee 

  1. In linea di principio, sussiste il rischio di dipendenza, soprattutto nei soggetti predisposti e in caso di uso prolungato. 
  2. a. Non esistono prove scientifiche relative all'uso nel trattamento acuto della cefalea primaria. 
    b. Non ci sono prove dell'efficacia degli oppioidi nelle cefalee primarie croniche e come profilassi, ma queste sostanze comportano rischi significativi. 
  3. In caso di cefalea secondaria sintomatica acuta (come nel caso della cefalea traumatica, della meningite e dell’emorragia subaracnoidea), l'uso a breve termine è ammissibile se la diagnosi è chiara.
Terapia chirurgica ed invasiva della cefalea primaria e dei dolori facciali

Terapia chirurgica ed invasiva della cefalea primaria e dei dolori facciali

A. Gantenbein, M. Sturzenegger, E. Taub / Febbraio 2013

Non è attualmente disponibile alcun intervento chirurgico la cui efficacia sia dimostrata scientificamente nel trattamento dell’emicrania e della cefalea di tipo tensivo. In particolare, gli interventi chirurgici all’area del naso e dei seni paranasali (interventi endonasali), al viso (escissione dei muscoli della fronte e altri muscoli della testa, estrazione di denti), la chiusura endovascolare o chirurgica del forame ovale pervio e gli interventi laser all’occhio sono ancora, nella migliore delle ipotesi, in fase sperimentale e costellati da rischi e complicanze. In conformità alle direttive di altre società internazionali per il trattamento delle cefalee, anche noi generalmente sconsigliamo di ricorrere a queste misure.


Fa eccezione il caso della cefalea a grappolo cronica e refrattaria alla terapia, per la quale l’ipotesi di un trattamento chirurgico puo‘ essere considerata. L’indicazione deve essere in ogni caso valutata mediante un approccio interdisciplinare presso un centro (universitario) specializzato.  Attualmente sono in fase di valutazione diverse tecniche di neurostimolazione (stimolazione del nervo occipitale, stimolazione cerebrale profonda o stimolazione del ganglio sfenopalatino).

Un intervento neurochirurgico è anche indicato in presenza di nevralgia trigeminale idiopatica e di altre nevralgie dei nervi cranici, in caso di farmaco-resistenza o di effetti collaterali inaccettabili secondari alle terapie faramcologiche. Le tecniche attualmente disponibili che abbiano una efficacia comprovata sono rappresentate dall’intervento "a cielo aperto" al nervo trigemino in corrispondenza del foro d’uscita della radice cranica (noto come decompressione microvascolare di Jannetta), da diversi interventi con ago in anestesia locale (termocoagulazione o iniezione di glicerina) e dall’irradiazione concentrata sulla zona d’uscita del nervo (radiochirurgia). L’intervento piu‘ idoneo deve essere discusso per ogni singolo paziente con il neurochirurgo incaricato.


Infine:

  • Le iniezioni di tossina botulinica agiscono positivamente in caso di emicrania cronica con o senza abuso di farmaci.
  • Nel trattamento dell’emicrania, l’agopuntura evidenzia un’efficacia simile a quella dei farmaci standard o della "pseudo-agopuntura".
  • Tutte le altre misure d’intervento, incluse quelle derivanti dalla medicina alternativa, hanno nel migliore dei casi un effetto placebo.
Cefalea e comorbilità psichica - Cefalea cronica

Cefalea e comorbilità psichica - Cefalea cronica

Galli U. / maggio 2020 

Generalmente la cefalea episodica può essere ben gestita con farmaci e/o adattamenti comportamentali individuali. Se tuttavia è presente una comorbidità con stress psicosociali o patologie psichiche, essa han un notevole impatto negativo sia sulla gravità della malattia che sull'esito del trattamento, favorendo sia l'uso eccessivo di farmaci che il passaggio da una cefalea episodica a una condizione cronica. Fondamentalmente, qualsiasi cefalea episodica può diventare cronica. Si definisce cronica una cefalea che si manifesta come minimo 15 giorni al mese per almeno 3 mesi. I fattori che possono contribuire alla cronicità della cefalea sono la diagnosi di fondo della cefalea e gli aspetti psicosociali.

Pertanto, nell'anamnesi e nel corso del trattamento di ogni paziente affetto da cefalea occorre tener conto di agenti stressanti (stressor) quali difficoltà professionali e familiari, situazioni assicurative o di pensionamento in sospeso, conflitti personali irrisolti, nonché di sintomi mentali quali depressione, disturbi d'ansia, del sonno o dipendenze. Indipendentemente dalla causa, si suppone che il rischio di cefalea da stress sia almeno doppio. La frequenza dei disturbi psichici in coloro che soffrono di cefalea è da due a tre volte superiore rispetto alla popolazione che non ne soffre. I più comuni sono i disturbi d'ansia, seguiti dalla depressione. Un grande studio demografico in 10 Paesi dell'Unione Europea ha evidenziato una probabilità di incidenza del 19,1% per i disturbi d'ansia, del 6,9% per la depressione e del 5,1% per le due patologie insieme - si tratta di un tasso significativamente superiore al campione rappresentativo della popolazione generale (14,3, 5,6 e 3,8%). Le cifre relative alla cefalea nel contesto di un abuso di farmaci (MOH) sono molto più elevate (38,8, 16,9 e 14,4%), mentre nel gruppo delle persone con cefalea tensiva sono simili a quelle della popolazione generale.
Il riconoscimento e il trattamento tempestivo di questi fattori sono fondamentali per la riuscita della terapia. I questionari possono contribuire a cogliere i fattori contestuali. Per la diagnosi di disturbi mentali concomitanti è consigliabile richiedere la prescrizione di una visita di uno specialista esperto in terapia del dolore (psicoterapeuta, psichiatra).

La psicoterapia del dolore è diventata ormai una procedura consolidata, comprendente vari interventi psicoterapeutici, come il miglioramento della percezione del corpo e della capacità di rilassarsi, strategie di adattamento (coping), per gestire meglio il dolore, lo stress e i conflitti, così come la psicoterapia per i sintomi affettivi e di disturbi dell’ansia. L'obiettivo è contrastare la progressiva cronicità del dolore e lo sviluppo di cefalee ricorrenti, riducendole ad un livello tollerabile e aumentando la qualità della vita. In alcuni casi è necessaria una terapia intensiva multimodale con ricovero in una clinica appropriata, con un programma consolidato di trattamento del dolore. In presenza di un uso eccessivo di farmaci per il mal di testa, è necessaria una disintossicazione con ricovero e successiva terapia multimodale del dolore. Quest’ultima prevede interventi coordinati a livello medico, psicologico e fisico e spesso anche modalità supplementari (ad es. ergoterapia, arteterapia). La psicoterapia del dolore, in particolare in un contesto di trattamento multimodale, si è rivelata efficace ed è considerata a terapia "all’avanguardia" basata sull'evidenza.

Bibliografia

  1. Albers L et al (2014) Potentiell vermeidbare Risikofaktoren für primäre Kopfschmerzen. (Fattori di rischio potenzialmente evitabili per la cefalea primaria). Bundesgesundheitsblatt - Gesundheitsforschung - Gesundheitsschutz 57(8) (Bollettino Federale della sanità - Ricerca sulla salute - Tutela della salute 57(8)) 
  2. Burch RC et al. (2019). Migraine: Epidemiology, Burden, and Comorbidity. (Emicrania: Epidemiologia, stress e comorbilità). Neurologic Clinics 37(4) (Cliniche neurologiche 37(4)) 
  3. Buse et al. (2013). Psychiatric comorbidities of episodic and chronic migraine. (Comorbilità psichiatriche di emicrania episodica e cronica). J Neurology 260(8) (Giornale di Neurologia 260(8)) 
  4. Lampl C et al. (2016) Headache, depression and anxiety: associations in the Eurolight project. (Cefalea, depressione e ansia: le associazioni del progetto Eurolight). J Headache Pain 17:59 (Giornale del mal di testa) 
  5. Penzien DB et al. (2015) Well-Established and Empirically Supported Behavioral Treatments for Migraine. (Trattamenti comportamentali ben strutturati ed empiricamente supportati per l'emicrania). Current pain and headache reports 19(7):34. (Report attuali sul dolore e la cefalea 19(7):34.) 
  6. Saunders et al. (2008). Impact of comorbidity on headache-related disability. (Impatto della comorbilità sulla disabilità legata alla cefalea.) Neurology 70(7) (Neurologia 70(7)) 
  7. Steiner T et al. (2014) The impact of headache in Europe: principal results of the Eurolight project. (L'impatto della cefalea in Europa: principali risultati del progetto Eurolight). J Headache Pain 15:31 (Giornale del mal di testa 15:31)
Psicoterapia per le cefalee

Psicoterapia per le cefalee

Bärlocher D / maggio 2020 

In quanto paziente con emicrania / cefalea, ora devo anche andare da uno psicologo? 

No, non è necessario consultare uno psicologo a causa del mal di testa. Il medico si occupa del mal di testa e di altre sensazioni di malessere dell'organismo. Sarà il medico a far sì che Le vengano prescritti i farmaci più efficaci.

Può invece essere ragionevole consultare uno psicologo per le conseguenze della cefalea. Il suo compito è occuparsi degli effetti a volte devastanti della cefalea cronica. Se la vita quotidiana, la qualità della vita, la famiglia e le relazioni sono compromesse a causa del mal di testa, la psicoterapia del dolore può essere un valido aiuto.

Non è necessario che diventi una storia infinita. Dopo alcune sedute si dovrebbe capire e poter decidere se la terapia produce l'effetto desiderato, pur dovendo continuare ad assumere farmaci antidolorifici. Tuttavia, per una nuova o più profonda comprensione del proprio disturbo, può essere utile la psicoterapia del dolore. Uno psicologo esperto in cefalea può essere un utile coach perché: il sollievo spesso arriva dall'esterno, come molti dei fattori scatenanti del mal di testa.

Dopo questo tipo di terapia, i pazienti affermano di avere sotto controllo la cefalea. Queste persone hanno elaborato un sistema individuale di allarme precoce del loro organismo e hanno organizzato il lavoro quotidiano in modo diverso.

Ne parli con il Suo medico. Egli potrà così indirizzarla ad uno psicoterapeuta del dolore.

Qual è il ruolo della fisioterapia nelle cefalee primarie?

Qual è il ruolo della fisioterapia nelle cefalee primarie?

Böttiger K, fisioterapista / Mai 2020 

L'allenamento di resistenza è di grande importanza nell'emicrania, ma anche nel mal di testa di tipo tensivo episodico e cronico. Un training moderato/aerobico può contribuire a ridurre il numero di attacchi, l'intensità e la durata del dolore. Quali forme di resistenza si possono includere e quali hanno l'effetto migliore? Tra le attività possibili vi sono il nordic walking, il jogging leggero, l'escursionismo, il nuoto, l'aerobica e lo sci di fondo. Per chi si allena con gli attrezzi, si consigliano la bicicletta, il tapis roulant, il canottaggio e l’ellittica. Si tratta innanzitutto di trovare la gioia del movimento per integrarlo nella vita quotidiana, tanto più che non vi è alcuna dimostrazione della superiorità di un determinato sport.

Un programma di esercizio idoneo per i muscoli della nuca e della mandibola può dare buoni risultati, simile ad un allenamento di resistenza. Gli esercizi possono essere utilizzati in sostituzione o meglio in combinazione con l'allenamento di resistenza.

Le tecniche manuali terapeutiche possono essere utilizzate se, in fase di test, hanno un effetto positivo sul dolore. Esse possono allora essere impiegate come misura di supporto per facilitare l'attività sportiva. Le tecniche manuali terapeutiche non dovrebbero essere l’unico rimedio a cui ricorrere.

Il consulto medico mostra un effetto altrettanto positivo per i pazienti. Durante la visita si dovrebbe discutere dei tipi di cefalea, delle correlazioni e delle opzioni di trattamento fisioterapico, oltre ad elaborare strategie per migliorare la gestione autonoma della patologia. Dovrebbero essere affrontati in modo interdisciplinare gli effetti dello stress e del comportamento del sonno sul dolore, per poter eventualmente integrare ulteriori tecniche di terapia psicologica di supporto.

La combinazione di allenamento di resistenza, esercizi (anche di equilibrio) e consulenza al paziente mostrano il miglior effetto possibile della fisioterapia sulle cefalee primarie.

Gestione del paziente con cefalea cronica con uso inadeguato di farmaci e terapia della cefalea multimodale

Gestione del paziente con cefalea cronica con uso inadeguato di farmaci e terapia della cefalea multimodale

P. Sandor, G. Landmann, E. Taub, G. Merki  /  iuglio 2015

Lo svezzamento dai farmaci antidolorifici utilizzati al bisogno è un fattore indispensabile della terapia. Lo svezzamento può essere eseguito in regime ambulatoriale o di degenza. Lo stesso vale anche per quei pazienti con uso inadeguato di farmaci utilizzati per forme di cefalea secondaria. In casi complicati potrebbe rendersi necessario l’inserimento all’interno di una terapia multimodale (programma cefalee/riabilitazione).

I. Criteri per uno svezzamento in regime ambulatoriale (analgesici, FANS e triptani)

  • primo svezzamento
  • anamnesi breve (<2 anni)
  • assenza di rilevanti fattori di rischio psicosociali e/o comorbidità psichica
  • assenza di consumo di sedativi e oppioidi

Può essere necessario l’inserimento all’interno di una programma di terapia multimodale

II. Criteri per uno svezzamento in regime di degenza (analgesici, FANS e triptani)
I pazienti che non soddisfano i criteri sopra indicati necessitano di uno svezzamento in regime di degenza. La durata dell’ospedalizzazione è in genere di circa 5 giorni. Nella maggior parte di questi pazienti è necessario che la riabilitazione sia inserita all’interno di un programma di terapia multimodale.

III. Svolgimento dello svezzamento da analgesici, FANS e triptani

  • interruzione immediata dell’assunzione di analgesici utilizzati al bisogno
  • Prednisone 100 mg/die per 5 giorni (Pageler 2008, Rabe 2013)
  • introduzione contemporanea di una terapia profilattica medicamentosa
  • si tenta di evitare analgesici con effetto acuto in riserva ma, se necessario, cambiare il tipo di sostanza ed aggiungere antiemetici
  • compilazione di un diario delle cefalee

IV. Svezzamento da oppioidi
Lo svezzamento da oppioidi è differente dai metodi sopracitati e di regola non è possibile effettuarlo in ambito neurologico. Per uno svezzamento da oppioidi è indicato coinvolgere un reparto non neurologico con specializzazione adeguata (terapia dolore, anestesia, psichiatria/psicoterapia). E’ inoltre necessario lo svezzamento da un eventuale utilizzo contemporaneo di benzodiazepine.

V. Continuazione del trattamento multimodale / terapia delle cefalee multimodale
Una terapia multimodale deve essere considerata di principio in tutti pazienti con cefalee frequenti o croniche. Il termine multimodale non implica solamente l’applicazione di diverse modalità terapeutiche, ma assume particolare rilevanza nella cooperazione tra tutti i terapeuti coinvolti e nella presenza di una presa a carico psichiatrica, psicosomatica e psicologica.
Una riabilitazione stazionaria nell’ ambito di un programma cefalea multimodale (della durata di circa 3 settimane) è consigliato per tutti i pazienti che devono essere svezzati in ambito stazionario (da degenti). E’ consigliato aggiungere un programma cefalea ambulatoriale (clinica diurna 1-3 settimane) in seguito ad uno svezzamento ambulatoriale. E’ spesso necessario aggiungere questo tipo di programma anche dopo uno svezzamento di tipo stazionario. Anche pazienti con cefalee croniche o frequenti in assenza di uso inadeguato di farmaci possono beneficiare di un programma cefalea multimodale.

VI. Indicazioni per programmi cefalea multimodali

  • Cefalee frequenti o croniche
  • Stress psicosociale (lavorativo, famigliare, sociale)
  • Comorbidità psicosociali rilevanti
  • Stato da plurimi svezzamenti, inclusi svezzamenti stazionari (odissea)

VII. Elementi di un programma cefalea multimodale (evidence-based)

  • Farmacoterapia (terapia acuta, profilassi) per il trattamento della cefalea primaria
  • Training aerobico
  • Educazione psichica/coaching (per esempio su triggers psicologici)
  • Fisioterapia
  • Massaggi terapeutici
  • Tecniche di rilassamento (per esempio rilassamento muscolare progressivo secondo Jacobson)
  • Biofeedback
  • Psicoterapia (se presente una comorbidità psichica)
  • Agopuntura
  • Eventuali procedure interventistiche (per esempio n. occipitalis major, ganglio di Gasser)
Il paziente con emicrania nello studio medico

Il paziente con emicrania nello studio medico

G. Jenzer / Febbraio 2013

Spesso ci si sente già meglio quando si sa di che cosa si soffre. Questo per molto tempo non è stato il caso di molti pazienti cefalalgici, che solo in seguito ad alcuni studi francesi hanno potuto apprendere il nome della propria malattia. La classificazione e denominazione delle cefalee hanno infatti, per la prima volta, dato una speranza di svolta e di miglioramento di un disturbo che da anni, talora decenni, ha accompagnato spesso guastandola la loro vita.

Insistete allora su una chiara diagnosi medica. Quest’ultima obbliga i responsabili curanti ad un’ efficace strategia diagnostica e terapeutica.  

Per questo però ci vuole anzitutto un contributo del paziente nel mantenere un adeguato stile di vita, fondamentale nel prevenire gli attacchi emicranici. Cio’ consiste in abitudini regolari, adeguata quantità di sonno, regolare attività fisica, pasti frequenti e tuttavia moderati, adeguata idratazione, così come nell’evitare situazioni eccessivamente stressanti, e fonti luminose particolarmente intense.

Ovviamente, fra le situazioni stressanti devono essere comprese quelle emozionalmente o psicologicamente stressanti. E’ tuttavia illusorio credere possa essere sufficiente fare o non fare una determinata cosa per scacciare questo fastidioso malessere.

In questo contesto, è opportuno affidarsi a consigli medici e seguire le prescrizioni mediche. Cosi’ facendo, si potrà adeguatamente valutare l’effetto delle terapie insieme al curante.  Se infatti si seguono i consigli del medico, ci si puo’ anche esprimere con franchezza ed essere critici sui vantaggi ed eventualmente svantaggi delle terapie.

In base alla sua esperienza, avrà notato che ogni attacco di emicrania non curata ha un decorso simile agli altri, ma che ci possono anche essere delle differenze. Se la terapia giusta per ogni attacco viene assunta al momento giusto e ad un dosaggio adeguato in genere viene meglio sopportata e determina una attenuazione o scomparsa del dolore con netto miglioramento della qualità di vita. Non sempre questo obiettivo viene raggiunto al primo tentativo, ma è senz’altro il primo da perseguire.

Se clinicamente necessario, si dovrà non soltanto assumere una terapia per combattere gli attacchi acuti, ma anche una terapia profilattica per prevenirli. È importante sapere che la maggior parte di questi farmaci preventivi non aiutano se l’attacco è già in corso. Per contro, riescono però a prevenire ulteriori crisi. Ciò a patto di una regolare assunzione. Spesso il paziente che sta bene e non ha crisi emicraniche si domanda se debba o meno proseguire la terapia profilattica in atto, soprattutto se comporta effetti collaterali.  In questo contesto è molto utile tenere un calendario delle cefalee, che può essere una fonte di informazione molto valida per il medico ed orientare ulteriormente la terapia.

Il moderno trattamento dell’emicrania rappresenta una importante conquista medica degli ultimi anni. Inoltre, l’identificazione di uno stile di vita adeguato a prevenire le crisi emicraniche è di sostanziale supporto alle terapie farmacologiche. La vasta gamma di farmaci disponibili per la terapia dell’emicrania rende necessario identificare il piu’ idoneo per ogni paziente, e somministrarlo poi a dose adeguata soppesando gli effetti  desiderati e indesiderati. In cio’ la collaborazione del paziente è fondamentale.

Quando il cervello ruota nell’area rossa

Quando il cervello ruota nell’area rossa

(Testo solo in tedesco)

Migräne hat nicht psychische, sondern neurologische Ursachen. Trotz ihrer enormen Häufigkeit ist die Entstehung immer noch nicht restlos geklärt.

Den ganzen Artikel zu diesem Thema aus der Ausgabe der SonntagsZeitung vom 03. November 2019 finden Sie hier.

Internationale Klassifikation orofazialer Schmerzen (ICOP), 1. Auflage

Internationale Klassifikation orofazialer Schmerzen (ICOP), 1. Auflage

(Testo solo in tedesco)

Internationale Klassifikation orofazialer Schmerzen (ICOP), 1. Auflage

Weiterführender Link

Communiqué de la SSC sur le traitement actuel par anticorps anti-CGRP

Communiqué de la SSC sur le traitement actuel par anticorps anti-CGRP

(Testo in francese)

Andreas R. Gantenbein, Christoph Schankin & Andreas Kleinschmidt

Les anticorps monoclonaux contre le CGRP et son récepteur sont sur le marché depuis plus de trois ans. Récemment, l’eptinézumab est devenu la quatrième substance autorisée en Suisse, après l’érénumab, le galcanézumab et le frémanezumab. Dans les études d’autorisation comme dans la pratique clinique, ces médicaments ont montré qu’ils sont sûrs et très efficaces pour de nombreux patients. Il existe une limitation, principalement du fait du coût élevé par rapport aux médicaments prophylactiques actuels 
(cf. http://www.listedesspecialites.ch/ShowPreparations.aspx). Alors que l’autorisation de Swissmedic ne prévoit aucune prescription vis-à-vis de la fréquence des migraines, l’autorisation est valable dans l’espace européen (EMA) à partir de quatre jours de migraine par mois, mais selon la limitation la prise en charge des coûts n’est assurée qu’à partir d’au moins huit jours de migraine par mois.

Compte tenu de l’excellente tolérance même au long cours (>5 ans, Ashina M et al. Long-term efficacy and safety of erenumab in migraine prevention: Results from a 5-year, open-label treatment phase of a randomized clinical trial. Eur J Neurol 2021;28(5):1716-25), ces nouveaux médicaments constituent d’ores et déjà un soutien de poids dans le traitement des migraines. Il nous apparaît d’autant plus important que les patients adaptés puissent en tirer des bénéfices, ce qui signifie qu’en l’absence de réponse à une des substances, il convient d’essayer de passer à une autre substance du même groupe, comme il est d’usage pour d’autres classes de substances et d’autres tableaux cliniques. Concernant les bénéfices d’une telle approche dans l’antagonisation du CGRP, il existe un nombre croissant de données scientifiques mais aussi de l’expérience dans le domaine clinique à l’étranger, dans les pays où cela est déjà possible (Briceño-Casado MDP et al. Switching of monoclonal antibodies against calcitonin gene-related peptide in chronic migraine in clinical practice: a case series. Eur J Hosp Pharm 2021; Patier Ruiz I et al. Early Experiences in Switching between Monoclonal Antibodies in Patients with Nonresponsive Migraine in Spain: A Case Series. Eur Neurol 2021;10:1-4).

Les expériences acquises à ce jour ont révélé que le traitement a une action probablement majoritairement symptomatique et moins modulatrice de la maladie, surtout dans les premières années du traitement. Après la pause thérapeutique imposée, plus de 90% des patients doivent reprendre le traitement (Gantenbein AR et al. Impact on monthly migraine days of discontinuing anti-CGRP antibodies after one year of treatment - a real-life cohort study. Cephalalgia 2021;41(11-12):1181-6). Il nous apparait donc comme discutable, même sur le plan (médico-)éthique, que les patients soient forcés de faire cette pause chaque année. Pour vérifier s’il est possible de réduire progressivement le traitement à plus long terme, il existe des alternatives comme un allongement de l’intervalle des doses.